giovedì 30 aprile 2015

CULT MOVIE: The Lodger



Titolo: The Lodger
Gran Bretagna, 1926
Cast: Ivor Novello, June, Malcom Keen.
Sceneggiatura: Elliot Stannard, Alfred Hitchcock (non accreditato).
Regia: Alfred Hitchcock
Durata: 70'


Ti puoi fidare del vicino di casa? La persona a cui hai affittato casa, è una persona rispettabile? E se fosse un assassino?
C'è sempre l'ombra del dubbio dietro al presente rispettabilità di una persona. E Alfred Hitchcock lo sapeva bene, inducendo questo timore nello spettatore fin dagli esordi avvenuto con The Lodger, tecnicamente il terzo film diretto da Alfred Hitchcock, ma il primo vero film di Alfred Hitchcock.
In che senso? Nel senso che è il primo lungometraggio in cui il "maestro del brivido" mette la sua firma al suo indiscusso talento, facendo emergere il suo stile e la sua autorialità fatto di suspence, difficoltà nel distinguere il vero dal falso, il conflitto tra il bene e il male - elementi che sono diventati il suo marchio di fabbrica.
Hitchcock crea un sottile confine tra il bene e il male gettando un alone di mistero e ambiguità su Johnatan Drew (Ivor Novello), giovane tormentato che si presenta alla casa dei Bunting nel rispettabile quartiere di Bloomsbury, proprio il giorno in cui è stata ritrovata l'ennesima vittima del 'Vendicatore' - un folle psicopatico che uccide solo ragazze dai capelli biondi. 
Memore della lezione espressionista, Hitchcock enfatizza l'atmosfera con luci e ombre, con quella coltre di nebbia che avvolge il misterioso e affascinante pensionante.
Hitchcock  al di là delle influenze della cinematografia tedesca, riesce fin da subito a creare il suo stile inconfondibile, grazie alla sua inventiva e alla sua genialità dal punto di vista visivo e tecnico.
Lo si denota fin dalla prima sequenza, con un primissimo piano di una fanciulla bionda che urla terrorizzata, vittima del Vendicatore, e subito dopo ci sono le insegne luminose che pubblicizzano lo spettacolo "Riccioli biondi".
Tutto il resto è un sottile gioco di suspence e sospetti, mescolando le carte e gettando sull'aitante Jonathan Drew un alone di mistero e inquietudine.
Johathan fin da subito si presenta al cospetto della famiglia Bunting con un aspetto ambiguo e sinistro:  ha un mantello nero, porta una sciarpa che gli copre il volto e ha con sé una valigia. Proprio come il Vendicatore. E' una coincidenza il fatto che Drew bussi alla porta dei Bunting qualche ora dopo l'ennesimo omicidio? L'assassino ha trovato la sua base operativa?  Per tutto l'arco temporale del film, Hichcock gioca con maestria gettando dubbi sul pensionante. Possibile che sia un assassino?
Ciò che interessa a Hitchcock non è tanto la figura dell'omicida seriale stile Jack lo squartatore, ma come un uomo comune dal comportamento strano possa essere considerato un assassino, in un clima di isteria e paura collettiva che teme ogni martedì un nuovo delitto; e soprattutto il possibile assassino entra in un luogo dove si è soliti sentirsi al sicuro: la casa, il luogo di tranquillità e sicurezza per antonomasia, così come la rispettabilità dell'ambiente borghese di Bloomsbury, distretto londinese tranquillo, che diventa  improvvisamente lo scenario di efferati crimini.
Hitchcock non scopre le carte fin da subito, ma fa entrare Drew nella casa dei Bunting come un semplice affittuario: ha già pagato un mese di anticipo e questo basta per dargli un po' di fiducia in quanto persona perbene.
Ma la sicurezza nel pagare l'affitto è sinonimo di affidabilità? Non proprio, perché Drew è irrequieto e nevrotico, e comincia a manifestare una certa insofferenza a quadri che raffigurano fanciulle dai capelli dorati, cammina nervosamente facendo traballare il lampadario (e qui un altro tocco di genio: essendo un film muto, per dare l'idea del rumore dei passi, fece "trasparire" il pavimento per far vedere il protagonista che camminava nervosamente), e soprattutto, la sera esce di casa, specialmente il martedì, rientrando a notte fonda evitando di farsi sentire.
Ma il nervosismo non può essere associato a un serial killer. Però la signora Bunting non si sente al sicuro con il pensionante al piano di sopra, persona tormentata e affascinante.
Fascino che cattura Daisy (June), la figlia dei Bunting, fidanzata con l'integerrimo Joe (Michael Keen), poliziotto di Scotland Yard.
Come il triangolo che lascia il Vendicatore, si crea il triangolo tra Johnatan, Daisy e Joe.
Daisy è attratta dalla sicurezza che porta Joe, ma è attirata dall'ambiguità di Johnatan e Hitchcock gioca sul filo sottile del bene, incarnato da Joe, e il "male" incarnato da Johnatan.
Elementi che il regista inglese capovolge a suo piacimento: Joe "il buono" che mette le manette a Daisy, con quel senso di contrizione e perversione bondage, quel modo di legare una persona a sé negandole momentaneamente la libertà, così Jonathan "il cattivo" le dimostra dolcezza e interesse regalandole il vestito che indossava alla sfilata.
Ma la signora Bunting teme per l'incolumità di sua figlia. E il maestro del brivido semina momenti noir in cui Daisy potrebbe essere in pericolo,  dove anche il più banale degli oggetti potrebbe essere un arma per nuocere, come quando gioca con Johnatan a scacchi e lui prende l'attizza fuoco quasi volesse colpirla (ma non è così).
Fin dal primi film, Hitchock gira le scene d'amore come se fossero omicidi, e omicidi come se fossero scene d'amore. Anche se non manca il romanticismo, con quel magnifico bacio tra Johnatan e Daisy, enfatizzato da un sapiente montaggio che mostra i loro volti che si accingono a incontrarsi.
Il loro amore sembra stroncare sul nascere perché tutto sembra congiurare contro di lui e il suo comportamento lo indica inevitabilmente come colpevole: tratto in arresto, viene linciato dalla folla e Hitchcock rievoca in lui la figura di Cristo, come al principio, quando Drew chiude la finestra e gli infissi si riflettono come una croce sul suo volto, e verso la fine, quando il (presunto?) colpevole fugge e rimane incastrato con le manette nella ringhiera e sollevato dalla gente inferocita come Cristo in croce. Il cattolico Hitchcock fa i conti con la sua rigida educazione, immettendo gli incubi della sua infanzia che cerca di esorcizzare sul grande schermo. E nasce un gioiellino dell'epoca muta.
Alfred Hitchcock firma il suo primo grande film e si dimostra già un ottimo direttore di attori, soprattutto Ivor Novello, capace di conferire al suo pensionante nevrosi e passioni, in contrasto con il suo antagonista Malcom Keen, con il suo Joe paladino della giustizia sfortunato in amore.
The Lodger rappresenta un film fondamentale della filmografia del regista londinese, quando ancora Hollywood era lontana, ma già consapevole di avere i numeri vincenti per essere un maestro del brivido.

Voto: 7/8

2 commenti:

  1. Questo è uno dei pochi Hitchock che mi manca, ma conosco il film - per sentito nominare e per un modesto remake televisivo, col tipo di Mentalist e, mi pare, Hope Davis. Non avevo potuto fare paragoni con l'originale, ma era piacevole :)

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    1. Il film del buon Hitch merita la visione! Rappresenta tutti i crismi del periodo inglese e poi Novello, beh, ha un fascino che il tipo di Mentalist se lo può sognare! ;-)

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