martedì 5 marzo 2013

RECENSIONE: La collina dei papaveri






Titolo: La collina dei papaveri.
Giappone, 2011
Sceneggiatura: Goro e Hyao Miyazaki.
Durata: 91'






Yokohama 1963. A un anno dalle olimpiadi d Tokyo, due ragazzi, Shun e Umi chiamata Mer, sono due adolescenti di 16 anni che vivono gli anni della ricostruzione post seconda guerra mondiale, nel pieno dell'epoca Showa. 
Shun e Umi si incontrano casualmente, mentre Shun stava manifestando per la salvezza del Quartier Latin, un nucleo culturale dove si discute di materie umanistiche e scientifiche destinato alla demolizione. 
La volontà di cambiamento non include palazzi fatiscenti, è ora di dare il nuovo alla futura classe dirigente del paese, e il Quartier Latin puzza più di obsoleto che profumo di innovazione. 
Shun e i suoi compagni però non accettano il totale rifiuto di ciò che viene etichettato antico e così creano un collettivo per salvare il Quartier Latin e anche Umi viene coinvolta e si lascia coinvolgere. Ben presto l'amicizia si trasformerà in un timido sentimento amoroso, ma un segreto che li lega rischia di separarli...
La collina dei papaveri è l'ultima fatica dello studio Ghibli, ma questa volta a dirigere la pellicola non è il maestro Hayao Miyazaki (qui in veste di co-sceneggiatore), ma suo figlio Goro. 
Alla sua seconda fatica, La collina dei papaveri è una sorta di romanzo di formazione di una generazione, quella degli anni Sessanta, ancora legata all'importanza della storia e del suo impatto sulla società, nonostante vivano il presente con curiosità e voglia di fare. 
Miyazaki opta per una storia lineare, dividendo la trama in due parti: la vita quotidiana di Umi, orfana di padre dedita alla famiglia in assenza della madre, e la passione che mette Shun nel collettivo, cuore pulsante del dissenso contro una società che non prende in considerazione il volere dei giovani nel rispettare le tradizioni. 
E tradizionale è anche lo stile di Goro, decisamente meno visionario  del padre e più conformista così anche nelle tematiche affrontate, ma comunque è riuscito a coniugare la lezione del padre confezionando una storia delicata venata di nostalgia, enfatizzata dall'uso di colori tenui e crepuscolari che si "allontanano" volutamente dalla realtà odierna. Lo stile di Goro sarà anche meno estroso e più vintage del padre, ma conferma allo stesso tempo  di aver assimilato lo spirito e lo stile artistico dello studio Ghibli, dove tecnologia e artigianato (con quell'inconfondibile stile degli anime giapponesi anni Ottanta) si fondono perfettamente.
La collina dei papaveri è un lungometraggio animato per adulti ma anche per i giovani, un messaggio per ricordare ai ragazzi del Ventunesimo secolo che la modernità non è fatta solo di grattacieli interamente dedicati ai Pokemon e ai videogiochi, ma di una generazione di "arrabbiati" che sono consapevoli che senza il vecchio, il nuovo non può esistere, dove l'unione fa la forza e che per ottenere veramente qualcosa bisogna lavorare insieme e duramente. 
Il punto di forza del film è lo sguardo tenero e affettuoso con cui il regista segue i suoi piccoli eroi, soprattutto nel rapporto tra i due ragazzi, facendo risaltare il  loro forte senso del dovere.
Shun si batte per salvaguardare quel piccolo pezzo di passato, ma la forza è soprattutto in Umi, così volenterosa e capace nel sostituirsi al genitore assente, e già così responsabile per la sua giovane età. 
Il punto debole invece è l'iniziazione sentimentale dei due ragazzi, risultando la parte meno riuscita del film, creando una sorta di "soap opera di terza categoria" come afferma Shun in un dialogo. Questa sottotrama incentrata sull'amicizia amorosa tende a offuscare un po' la storia principale, ma nel complesso  La collina dei papaveri è un film di animazione dai toni garbati, uno spaccato storico che ci ricorda la voglia di volere cambiare veramente qualcosa in nome di un futuro migliore. 
A.M.

VOTO: 7                                                                                   




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