mercoledì 31 luglio 2013

CULT MOVIE: Vogliamo vivere!





Titolo: Vogliamo vivere!
Titolo originale: To Be or Not to Be
USA, 1942
Cast: Carole Lombard, Jack Benny, Robert Stack.
Sceneggiatura: Edwyn Justus Mayer
Regia: Ernst Lubitsch.
Durata: 99'

Josef Tura (Jack Benny) e sua moglie Maria (Carole Lombard) sono gli attori di punta della compagnia teatrale di Varsavia. Alla vigilia dell'invasione nazista, la compagnia sta provando una commedia incentrata sulla figura di Hitler "Gestapo", bloccata però dalla censura nazista, finendo per recitare l'Amleto di Shalespeare. 
Durante il celebre monologo "essere o non essere", il tenente Sobinski (Robert Stack) ammiratore di Maria, si alza per andare da lei in camerino. Josef pensa a un tradimento della moglie, ma non c'è tempo per le scaramucce amorose, con l'invasione tedesca, la compagnia si scioglie e Sobinski va in guerra. 
In Inghilterra il soldato conosce il professor Siletski (Stanely Ridges) e scopre che è una spia nazista e vuole smantellare la resistenza polacca. Sobinski parte per la Polonia e chiede a Maria Tura di aiutarlo per sventare il complotto.
Può l'arte essere uno strumento di speranza durante un conflitto mondiale? La risposta è affermativa quando si tratta di un gioiellino come Vogliamo vivere! del genio della commedia sofisticata Ernst Lubitsch, che utilizza il cinema e il teatro per denunciare gli orrori della Seconda guerra mondiale.
Girato nel 1942 quando ancora la fine del conflitto appare lontano per gli americani ancora all'oscuro dell'orrore dell'Olocaustoe, l'industria di Hollywood non decise di chiudere i battenti, ignara anche di quello che stava realmente accadendo in Europa, prima che l'America scendesse in campo dopo l'attacco di Pearl Harbor. 
Se Charlie Chaplin osò sfidare Hitler vestendo i panni del temibile Furher per condannare la guerra, Lubitsch focalizza l'orrore della guerra sulla popolazione colpita dalla furia nazista. Distruzione che porta alle macerie dei negozi e delle botteghe, la chiusura del teatro diventato come covo dei nazisti, in un clima di povertà e sconforto, nella speranza di sopravvivere. Perché al di là del pessimo titolo italiano (l'originale è To be or not to be), i protagonisti mettono a repentaglio la propria esistenza per salvare sé stessi e la loro patria, incarnata dalla resistenza polacca, appunto perché vogliono vivere.
Essere o non essere, questo è il problema, decantava Amleto e proprio la dualità tra la finzione e la realtà offerta dalla recitazione permette a Maria Tura e alla compagnia di contrastare la minaccia del professor Siletski, che è un nazista ma si cimenta a sua volta nei panni di un professore polacco.
Tutti recitano una parte: dal professore che è un impostore, da Josef Tura che diventa Silteski, prendendone il posto, sfidando i generali nazisti facendosi beffe di loro, nella speranza di aiutare la resistenza.
L'arte della recitazione viene elogiata ed esaltata da Lubitsch, dove la bravura nel recitare ciò che non si è, porta i personaggi si mascherano per trasformarsi in ciò che non si è, nascondendo l'appartenenza alle SS dietro l'ambigua tranquillità di un semplice professore, mentre una barba finta può trarre in inganno, scatenando una serie di esilaranti momenti di confusione, come una perfetta piéce teatrale. 
Come una commedia degli errori, gli equivoci e l'ilarità e i continui colpi di scena che ne consegue vengono abilmente mescolati con sagacia e leggerezza, ma senza superficialità. 
Il film parte come una commedia con scaramucce amorose, con  la bellissima Maria Tura affascinata dal tenente Sobieski ma capace di non cedere in tentazione, per poi virare nel drammatico con l'invasione tedesca, arrivando a una commedia degli equivoci grazie ai momenti comici scaturiti dal travestimento di Josef Tura/Siletski.  
La mano leggera e leggiadra di Lubitsch prende tutti questi elementi mescolandoli e dosandoli sapientemente, arricchendoli con momenti di suspence, perché Lubitsch ci ricorda che i suoi personaggi agiscono per intaccare il nazismo, e che si può sperare di uscire dalla morsa del terrore e della distruzione, coadiuvato da un cast eccellente di attori.
Se Carol Lombard  al suo ultimo film (perì in un incidente aereo poco dopo l'uscita del film) è una splendida Maria Tura, Jack Benny e Robert Stack sono una magnifica spalla, creando un magnifico triangolo ironico ed esilarante.
Ernst Lubitsch crea un film antimilitarista e satirico che si scaglia contro le barbarie naziste, ridicolizzando le pazzie delle SS, e allo stesso tempo sa offrire la speranza di risollevare la testa e andare avanti, in nome della bellezza dell'arte.
Vogliamo vivere! è una commedia spiritosa e tratta con intelligenza una materia dolorosa come la guerra, denunciando l'oppressione della dittatura, con la sua voglia di gridare la libertà in nome di una democrazia giusta. 

Voto: 10
A.M.




lunedì 29 luglio 2013

NEWS: Il primo film di Stanley Kubrick al cinema



Stanley Kubrick non ha mai apprezzato il suo film d'esordio. Anzi, pensava di aver distrutto tutte le copie di Paura e desiderio del 1953, definito dal regista americano naturalizzato britannico "un mero esercizio noioso e dilettantesco". Ma fortunatamente qualcuno è riuscito a salvare i negativi, e oggi, a distanza  di sessant'anni c'è la possibilità di vederlo al cinema anche se per soli tre giorni.
La pellicola è stata restaurata in HD dalla Library of Congress di Washington, il film fu prodotto con l'irrisorio budget di 30,000 dollari e dura solo 62'. 
Kubrick ambienta il suo film in una guerra che avviene in un luogo sconosciuto (a prima vista potrebbe ricondurre la Corea del Nord, impegnata all'epoca in una guerra contro gli Americani) e contro un nemico ignoto: quattro soldati (tra cui troviamo il futuro regista Paul Mazursky) dopo che il loro aereo è stato abbattuto, si trovano in territorio ostile e ben presto i soldati finiranno per finire risucchiati in un clima paranoico,  avvolti in una nebbia minacciosa, nella vana ricerca di un nemico che non sa se esiste e non si sa quando colpirà.
Il film verrà proiettato i seguenti giorni: 29-30-31 luglio.
Il link con il sito dedicato all'opera prima di Kubrick e con le informazioni sui cinema che lo programmano:
Un evento da non perdere!

domenica 28 luglio 2013

RECENSIONE: Miele





Titolo: Miele
Italia, 2013
Cast: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero de Rienzo.
Sceneggiatura: Francesca Marciano, Valeria Golino, Valia Santella.
Regia: Valeria Golino
Durata: 98'


Irene (Jamine Trinca) si fa chiamare Miele. E' una ragazza dura, ma si nasconde dietro un nome dolce. Una dolcezza che chiedono i malati terminali di finire la propria esistenza dopo anni di sofferenza dovuta a malattie incurabili. 
Con l'aiuto del medico Rocco (Libero De Rienzo), Miele aiuta i malati terminali con il suicidio assistito, ma un giorno s'imbatte nell'ingegner Carlo Grimaldi (Carlo Cecchi), un uomo di settant'anni circa, di ottima salute che chiede a Miele di farla finita perché è dell'idea di aver vissuto pienamente la sua vita e non vuole più vivere.
Miele una volta saputo che non è malato, comincia a porsi dei dubbi etici e si chiede se ciò che sta facendo sia giusto o meno...
Valeria Golino è un'attrice sulla cresta dell'onda dagli anni Ottanta. Dopo aver sperimentato la carriera a Hollywood, è tornata in Italia e ha continuato la carriera con successi e ora si cimenta nella regia e lo fa prendendo in prestito il romanzo di A nome tuo di Mauro Covacich e trattando una tematica ostica per la società italiana: la morte assistita.
Argomento tabù, che viene spesso volutamente ignorato, un po' come mettere la testa nella sabbia come gli struzzi, se non si vede il problema, si può evitare di affrontarlo.
Ma Valeria Golino ha voluto fare centro con la sua opera prima, trattando una storia di una ragazza che trova giusto e un diritto inviolabile aiutare chi non vuole più patire una sofferenza dovuta a una malattia che porta a sofferenza e morte certa.
Per evitare di creare un film didascalico, la vicenda ruota intorno all'enigmatica Irene, donna fragile che vuole fare bella mostra della sua corazza di donna tosta, misteriosa, dalla sessualità disinibita fatta di incontri occasionali con il suo partner, l'importante è che nessuno deve sapere niente su di lei.
Miele è una donna solitaria, che viaggia in Messico per procurarsi i farmaci (illegalmente?) per poter mandare avanti la sua missione. Perché per lei non è un semplice lavoro, anche se viene pagata lo fa per lenire le sofferenze quando non c'è più nulla da fare. 
L'incontro con l'ingegner Grimaldi, un uomo colto, disilluso dalla vita, che semplicemente è consapevole di aver vissuto una vita soddisfacente e vuole terminarla, anche perché ormai non ha più niente di dire al mondo le offre la sua visione della vita e della morte in un'altra prospettiva.
La conoscenza di Grimaldi è come un colpo alla sua corazza, e quando lo incontra, vediamo Irene e non Miele, cominciamo a conoscerla come ex studentessa di medicina che si è ritirata dall'università e non ha detto nulla al padre, che sua madre è morta di malattia e soprattutto una persona con una spiccata laicità e soprattutto è una persona sola.
Ma proprio le sue convinzioni vengono meno con questa conoscenza e allora comincia a farsi degli scrupoli.
E con esso il film stesso. Perché se da un lato Valeria Golino ha voluto esordire con una tematica parecchio scottante, da un lato non va fino in fondo (così come non lo fa l'autore del libro), arrivando quasi a giustificare le scelte che fa la "sua" Miele. Come se lanciasse un sasso e poi nascondendo la mano, lasciando un sapore amaro di pretenziosità. L'unico personaggio che rimane in linea con il suo operato, vuoi per cinismo, vuoi per pietà è Rocco (un incisivo Libero di Rienzo in un piccolo ruolo), il medico che si mette in contatto con Miele dandole i pazienti. Ma anche il personaggio di Rocco non ha il coraggio di andare fino in fondo, e, anzi, relega a una giovane che non ha nulla da perdere di fare il "lavoro sporco".
Ma forse questa scelta registica (e letteraria) è la più azzeccata, rimanendo in coerenza con il modo di affrontare una tematica che difficilmente verrà trattata (cioè eutanasia) in futuro.
A differenza del film Bella addormentata di Marco Bellocchio, che tratta il tema del testamento biologico con la sua impronta fortemente laica, cercando di essere neutrale e dare una voce tra chi concorda e chi non è a favore,  Miele alla fine non prende una posizione ben precisa,  è materiale che graffia solo in superficie e non va fino in fondo. 
Al di là delle scelte narrative discutibili, Miele è comunque un buon esordio di Valeria Golino, che, da donna tosta e coraggiosa come la sua eroina, affronta una storia scomoda e soprattutto, memore del suo passato negli States, offre un'ambientazione e dei paesaggi che difficilmente si vedono in una pellicola italiana.
Jasmin Trinca si dimostra un'attrice matura e la sua Miele è ben tratteggiata nella sua durezza e nel suo dolore inespresso, mentre Carlo Cecchi è misurato e un attore che, se il suo personaggio ha già dato nella vita, il suo attore ha ancora molto da dare sulle scene o al cinema.
Nella speranza che continui con un'opera seconda, sarebbe bello vedere una Valeria Golino che osi di più, arrivando fino in fondo senza paura di scatenare (inutili polemiche), ma che facciano discutere in modo costruttivo. Insomma, storie che difficilmente si vedono al cinema italiano.

Voto: 6
A.M. 

sabato 27 luglio 2013

MOVIE ON THE ROAD: Il cinema e i paesaggi, una storia d'amore senza fine.




Il cinema è fatto di luoghi oltre che di storie da raccontare. Spesso un luogo diventa protagonista indiretto di un film. 
Per esempio, New York è la location più usata e amata per i film americani:  Woody Allen ha ambientato l'80% della sua filmografia a Manhattan, arrivando a fare una dichiarazione d'amore alla sua New York con Manhattan.
La bella Holly Golitthly (Audrey Hepburn) andava a fare colazione         davanti Tiffany, il negozio di gioielli più famosi di NY, in Colazione da Tiffany di Blake Edwards, facendo diventare Manhattan un'icona cinematografica.Il cinema è fatto di luoghi oltre che di storie da raccontare. Spesso un luogo diventa protagonista indiretto di un film. 
Woody Allen poi scoprì l'Europa e dopo aver ambientato Tutti dicono I love you a Parigi, si spostar in Europa, dove Londra (Match Point), Barcellona (Vicky Cristina Barcelona) e Roma (From Rome With Love) sono diventate delle mete ben precise per far vivere i suoi protagonisti. 
Londra è un'altra meta preferita dal cinema: Arancia Meccanica di Stanley Kubrick è ambientato a Wandsworth un quartiere del South West di Londra e a Uxbridge.
Londra, al pari di New York è una delle città europee più utilizzate, come in Il diario di Bridget Jones, Sliding Doors e anche nella saga di Harry Potter, con la famosa stazione londinese di King's Cross, Harry Potter andava a prendere il treno che lo portava ad Howgart.
L'Italia è un'altra meta prediletta: grazie al Neorealismo, Roma divenne anch'essa un'icona, grazie a capolavori come Roma città aperta di Roberto Rossellini e Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, che ci offrirono una radiografia della capitale post seconda guerra mondiale. 
Ma Roma è diventato il luogo della cultura e dell'edonismo: dal boom economico celebrato ne Il sorpasso di Dino Risi, alla bella vita dei paparazzi e delle star ne La dolce vita di Federico Fellini, con la celebre sequenza della fontana di Trevi.
Roma e il lungo Tevere è diventato il luogo di riflessione per Gep Gambardella ne La grande bellezza, città ancora eterna, ma anche troppo votata al superfluo.
La lista è lunga, se non interminabile, ci sono tanti luoghi da scoprire e la nuova rubrica di Director's cult, in collaborazione con I viaggi di Bedin Iris,vi  farà vedere un luogo e un film in modo diverso.
Alla prossima puntata!

venerdì 26 luglio 2013

KEVIN SPACEY DAY: Beyond the Sea

La cineblogger entertaiment è fiera di proporre un nuovo attore da celebrare: Kevin Spacey.
Oggi è il compleanno di Kevin Spacey, ottimo attore capace di dare vita a personaggi disturbati, serial killer (Seven), geni del male (I soliti sospetti), un alieno (K-Pax), americano medio frustrato (American Beauty), vedovo (The Shipping News), boss che più bossing non si può (Horrible Bosses), prediligendo in genere la figura dello psicopatico e della carogna.
Premiato due volte con l'Oscar per I soliti sospetti e American Beauty, Kevin Spacey oggi è uno stimato attore di teatro nonché direttore del prestigioso Old Vic di Londra, divenuta la sua seconda casa, anche se non disdegna di ritornare negli States per girare un film. Ma non è solo un attore, è anche regista e l'ultima sua fatica è Beyond the Sea (2006), incentrata sulla figura di Bobby Darin.Una carriera eclettica a 360° e ancora sulla cresta dell'onda.
Buon KSD!!!


PS. Il banner prende in giro con affetto e simpatia Sylvester Stallone, battuto al voto da Mr. Spacey.










Titolo: Beyond the Sea
Id., USA, 2004
Cast: Kevin Spacey, Kate Bosworth, Bob Hoskin, Brenda Blethyn,John Goodman.
Sceneggiatura: Kevin Spacey, Lewis Colick.
Regia: Kevin Spacey.
Durata: 114'


La vita di Walden Robert Cassotto (1936-1973) alias Bobby Darin (Kevin Spacey), stella della musica swing e attore di Hollywood. Il film racconta le origini e l'ascesa, dall'infanzia minata dalla febbre reumatica che gli aveva dato poche speranze di arrivare oltre l'adolescenza, alla scoperta del talento per la musica grazie all'incoraggiamento della madre (Brenda Blethyn), dalla gavetta al successo grazie a hit come Beyon the Sea e Mack the Knife, al matrimonio con Sandra Dee (Kate Bosworth), fino alla crisi esistenziale e i problemi di salute.
La vita è spettacolo, o almeno ciò che è stato per Bobby Darin, star della musica pop/swing (e poi folk) a cavallo tra gli anni 50 e gli anni 60. Ma chi era Bobby Darin? Solo un nuovo Frank Sinatra e marito dell'astro nascente Sandra Dee?
Qualcosa di più di un novello Sinatra, e Kevin Spacey gli dedica un film che mostra una figura fondamentale della musica americana, che nell'arco della sua breve esistenza (Darin morì per problemi cardiaci all'età di 37 anni), riuscì a lasciare un segno nel firmamento musicale,  offrendo allo stesso tempo un dietro le quinte della grande macchina chiamata show business.
Le celebri canzoni di Darin sono solo un ingrediente di questo curioso biopic che mescola vita reale, palcoscenico e musical: Spacey infatti utilizza la tecnica del meta cinema (cioè tutto ciò che in un film fa riferimento in modo diretto o metaforico, al cinema stesso) introducendo il personaggio di Darin che vive la sua vita attraverso una (auto)biografia.
La musica, il cinema, le serate al Copacabana, l'amore per Sandra Dee, tutto ciò racchiude l'universo di Bobby Darin, ragazzino del Bronx che non doveva arrivare ai 15 anni, e invece è arrivato a toccare le vette dello star system.
E proprio questo aspetto meta cinematografico che rende Beyond the Sea interessante, evitando di creare una banale biografia di una stella della musica.
All'inizio del film si vede una performance di Bobby Darin (le canzoni sono interpretate dallo stesso Kevin Spacey, che si rivela un ottimo crooner), quando tutto all'improvviso si ferma e scopriamo che Darin sta mettendo in scena la sua vita. O forse no. La pellicola viaggia su questa ambiguità, trasformandosi poi in un paio di sequenze in un piccolo musical (e qui Spacey nel ballo se la cava discretamente rispetto al canto). Come se volesse dire: "ok, questo è lo spirito giusto per iniziare". D'altronde Bobby Darin è un mago dell'intrattenimento, no?
Una volta oliato il meccanismo, la voglia di emergere di Darin offre un aspetto di com'era lo show business negli anni Cinquanta, fatta di gavetta nei locali, serate, dalle difficoltà di emergere perché il nome d'origine non funziona per sfondare nello showbiz.
Walden Cassotto inizialmente fallisce e allora costruisce un personaggio basato sull'apparenza: via gli occhiali, uno smoking, un nuovo nome e un taupé per nascondere i primi segni di calvizia. Ladies and gentlemen ecco a voi Bobby Darin.
Di vero c'è solo la sua voce, il suo dono per la musica che gli ha dato la voglia di vivere: dopo aver dimostrato alla famiglia di essere arrivato alla vita adulta, ora deve dimostrare al mondo intero di cosa è capace con un microfono e un'orchestra.
Da buon biopic che si rispetta, non manca il lato privato con la love story con Sandra Dee, relazione osteggiata dalla madre di lei,  finta per scopi pubblicitari e infine vera, coronata con matrimonio e un figlio.
Anche qui Spacey sottolinea come il mondo dello spettacolo s'insinui nella vita privata di un artista, facendo entrare nuovamente l'elemento della finzione che si coniuga perfettamente con la realtà (romanzata).
Darin ha la sua famiglia con miss Dee, ma ha anche una famiglia musicale capitanata dall'agente Steve Blauner (John Goodman) diventando una grande e grossa family con quel che comporta (gelosia, i non troppo velati problemi di alcolismo della consorte, i litigi e il matrimonio che si sfalda con l'arrivo della consacrazione), Spacey non trascura nessun elemento, anche il gossip ha la sua importanza.
Ma se dispetto a un altro biopic (meno riuscito tra l'altro) come Tu chiamami Peter, incentrata sulla sua vita privata, facendo perdere lo status di mito al grande Peter Sellers, Spacey riesce ad amalgamare gli elementi di vita vera di Darin facendola diventare solo una parte del suo spettacolo.
Anche se, nella seconda parte del film, quando vira sul drammatico, tende a perdere di ritmo, cercando un pathos che invece tende ad appesantire il film: se infatti la prima parte della pellicola è frizzante, ritmata, dove le performance canore e cinematografiche predominano, nella seconda parte, più intimista, con un Bobby Darin  in cerca di sé stesso, che da Sinatra si stacca per assomigliare più a Bob Dylan, tende a scemare un po' nel ritmo. Fortunatamente si riprende grazie al grande show finale, e la dipartita di Darin non è patetica, anche perché il film, in modo circolare, ritorna nei meandri meta cinematografici, ricordandoci che sì, Bobby Darin è scomparso nel 1973, ma questo è pur sempre un film, la vita vera è stata già vissuta e sono rimaste solo le hit da classifica.
Kevin Spacey  è un one man show dove dirige, scrive, produce e canta: si annulla trasformandosi in Bobby Darin, cantando, ballando e recitando. Uno spacey insolito, così diverso dai personaggi psicotici a cui ci aveva abituati negli anni Novanta.
Se Kate Bosworth assomiglia in qualche modo a Sandra Dee (anche se ricorda più Barbara Eden, la Ginny di Strega per amore), nelle mani di Spacey/Darin viene sfatato l'allure della bambolina deliziosa di tante commedie anni Cinquanta. Il resto del cast è di prim'ordine: Bob Hoskin, Brenda Blethyn, John Goodman e special guest il cantante Peter Cincotti, che ha un po' ereditato lo stile crooner di Darin e Sinatra.
La vita è show business, e Beyond the Sea è un film curato nei minimi particolari, dalla scenografia ai costumi al trucco, alla fotografia luminosa che rendono gli anni Cinquanta e Sessanta colorati e sgargianti. Alla seconda prova registica, Kevin Spacey dirige diligentemente (dal punto di vista della regia) questa biografia, puntando più la maestria sulla recitazione, ma la stoffa per girare un film del genere ce l'ha, deve solo osare di più.
Beyon the Sea ci fa riscoprire un cantante caduto un po' nell'oblio.

Voto: 7
A.M.
Hanno partecipato al KSD:

50/50 Thriller
Cinquecentofilminsieme
Combinazione casuale
Cooking Movies
Ho voglia di cinema
Il Bollalmanacco di Cinema
In Central Perk
Montecristo
Pensieri Cannibali
Scrivenny
Triccotraccofobia
Viaggiando (meno)
White Russian Cinema

E c'è anche un augurio speciale (attenzione spoiler!).


mercoledì 24 luglio 2013

NEWS: Nicolas Cage premiato a Ischia



Nicolas Cage è stato premiato con l'Ischia Legend Awards all'11esima edizione dell Global Film and Music Festival.

Oltre a Cage c'erano divi del calibro di Samuel L. Jackson, Buzz Lurhmann, Emmanuele Seigner, ma l'ospite d'onore era l'interprete di Via da Las Vegas (per la quale vinse l'Oscar), e inoltre è stata la vetrina di omaggi per Roman Polansky, Giuseppe Tornatore e Luchino Visconti, omaggiato con la proiezione de Il gattopardo (1960).
A premiarlo sono stati i cantanti Gigi d'Alessio e Anna Tatangelo, che, per l'occasione sfoggiava un abito fucsia che s'intonava alla perfezione con il completo rosa confetto (compleatato con collane-medaglioni a mo' di gangsta) del divo hollywoodiano.
Per l'occasione ha presentato l'ultimo film da lui girato, Il cacciatore di donne, un thriller dove Cage interpreta un detective che da la caccia a un serial killer (interpretato da John Cusack).

martedì 23 luglio 2013

LA RUBRICA DEGLI ADDII: Addio a Dennis Farina



L'attore Dennis Farina è morto ieri a causa di un coagulo di sangue nel polmone. Aveva 69 anni. Attore di cinema e televisione, divenne famoso per il ruolo del detective Joe Fontana in Law & Order.
Farina si avvicinò casualmente al mondo dello spettacolo: poliziotto nella Chicago Police Department dal 1967 al 1985, fu chiamato dal regista Michael Mann come consulente per il film Strade violente (1981), decidendo di affidargli una piccola apparizione costruita ad hoc proprio per lui. La recitazione lo appassionò al punto di lasciare il lavoro nella polizia per provare a calcare i palcoscenici, facendo anche una lunga gavetta nella TV cominciando ad avere una certa notorietà in due episodi di Miami Vice, nel ruolo di Albert "Al" Lombard, gangster della malavita di Miami. 
Michael Mann gli affidò un altro ruolo in Manhunter (1986) nel ruolo di Jack Crawford e con Mann continuò la collaborazione con Crime Story (1986-1988), nel ruolo del tenente Mike Torello. Fu una grande occasione che gli diede l'opportunità di lavorare in una produzione televisiva come protagonista. 
Negli anni Novanta ebbe ruoli di rilievo in Get Shorty (1995) di Barry Sonnesfield al fianco di John Travolta e René Russo, Questo pazzo sentimento (1996) co-protagonista con Bette Midler, Salvate il soldato Ryan (1998) di Steven Spielberg e come padre di Jennifer Lopez in Out of Sight (1998) di Steven Sodererbergh
Negli anni 2000 i suoi lavori più importanti furono in Snatch (2000) di Guy Ritchie e in due film diretti da Edward Burns: I marciapiedi di New York (2001) e Purple Violets (2007).
La sua ultima apparizione in TV fu nella seconda stagione di New Girl con protagonista Zooey Deschanel.
Un altro lutto colpisce il mondo dello spettacolo.

domenica 21 luglio 2013

SOUNDTRACK: Moulin Rouge!



La colonna sonora di Moulin Rouge! è una soundtrack eclettica e trascinante come il film diretto da Buz Lurhmann.
In genere Lurhmann fa una sorta di "minestrone" musicale, mescolando la colonna sonora e fonendola direttamente con le immagini. La colonna sonora offre l'opportunità di ascoltare le singole tracce dai diversi stili musicali che vanno dalla jungle al pop.
Si apre il sipario con Nature Boy di David Bowie dal sapore jungle/drum and buss dal tono intimista e un po' funereo, quasi una "canzone sibilla" che preannuncia la grande storia d'amore sfortunata di Satin e Christian.
Moulin Rouge e Can Can sono indissolubili con Because We Can di Fatboy Silm, che offre una versione big beat del celebre ballo francese, dove le gonne svolazzano e le ballerine ancheggiano voluttosamente, perché tutti possono ballare il Can Can.
Si passa poi al pop spruzzato con una vena di R'n'B con Lady Marmalade cantata dal quartetto Christina Aguilera, Mya, Pink e Lil'Kim, dando il benvenuto al provocante mondo del Moulin Rouge.
Lo spettacolo inizia con Sparking Diamond mix di jazz e pop, dove la bellissima Satin/Nicole Kidman (che canta la canzone) incanta con il suo show e ricorda che i diamanti sono i migliori amici delle donne.
Ritmi latini con The Rythmn of the Night di Valeria, canzone vibrante e trascinante come una folle notte parigina.
Ah, Paris Paris, come si fa a  non innamorarsi a Parigi? E' quello che accade al protagonista Christian, che perde la testa per la bella e inarrivabile Satin. I toni si fanno più romantici con Your Song cantata da Ewan McGregor.
Si passa a toni che virano verso il rock con Bono Vox e Gavin Friday con Childern of the Revolution, per poi tornare a ritmi più nostalgici con la struggente One Day I'll Fly Away, dove la splendida Satin sogna la libertà di amare e di essere amata.
Beck prende in prestito Diamond Dogs del Duca Bianco e la immerge in una salsa di alternative rap/musica elettronica, mentre in Elephant Love Medley Christian dichiara il suo amore a Satin mescolando lirycs di All You Need is Love dei Beatles, Proud-In The Name of Love degli U2, Dont' Leave in This Way dei Communard, Hero di David Bowie, I Will Always Love You di Withney Houston, Your Song di Elton John e un po' di lirica cantata da Jamie Allen che non guasta. 
L'amore tra i due sboccia e lo gridano ai quattro venti con Come What May cantata anche questa volta da Nicole Kidman e Ewan McGregor.
L'incantesimo si spezza, l'amore non può trionfare perché Satin appartiene al Moulin Rouge: El Tango de Roxanne cantata da Ewan McGregor, José Feliciano e Jaceck Koman, un passionale tango, struggente e lirico.
Toni Baroque Pop con Complaine de la butte cantata da Rufus Wainwright, che rimandano alla vita bohémienne di Christian immerso nella splendida Parigi.
The show must go on e Satin sale per l'utima volta sul palco per cantare Hindi Sad Diamond, dove la musica indiana fa da sfondo allo spettacolo spectacular.
Lo spettacolo finisce, si chiude il sipario e si ritorna alla prima traccia con Nature Boy di David Bowie con i Massive Attack.
Moulin Rouge! Soundtrack è un'ottima colonna sonora dove l'ardire visivo di Baz Lurhmann viene tradotto con ibridi musicali che si sposano perfettamente tra di loro.

La tracklist:
,
  1. Nature Boy - David Bowie
  2. Lady Marmalade - Christina Aguilera, Lil' Kim, Mya, P!nk
  3. Because We Can - Fatboy Slim
  4. Sparkling Diamonds - Nicole Kidman, Jim Broadbent, Caroline O'Connor, Natalie Mendoza, Lara Mulcahy
  5. Rhythm Of The Night - Valeria (Valeria Andrews)
  6. Your Song - Ewan McGregor, Alessandro Safina
  7. Children of the Revolution - Bono, Gavin Friday, Maurice Seezer
  8. One Day I'll Fly Away - Nicole Kidman
  9. Diamond Dogs - Beck
  10. Elephant Love Medley - Nicole Kidman, Ewan McGregor, Jamie Allen
  11. Come What May - Nicole Kidman, Ewan McGregor
  12. El Tango De Roxanne - Ewan McGregor, Jose Feliciano, Jacek Koman
  13. Complainte De La Butte - Rufus Wainwright
  14. Hindi Sad Diamonds - Nicole Kidman & Cast
  15. Nature Boy - David Bowie & Massive Attack

giovedì 18 luglio 2013

LE USCITE DELLA SETTIMANA



Settimana un po' fiacca, sembra che le cartucce blockbuster siano state sparate nei weekend precedenti.
Tra le uscite degne di nota, c'è una strana commedia firmata Seth Rogen: Facciamola finita. Il film racconta della visita fatta dal canadese Jay Baruchel al suo amico Seth Rogen. Rogen lo porta a una festa di James Franco dove ci sono molte celebrities, ma ecco che si scatena l'Apocalisse: L.A. brucia e i suoi cittadini vengono risucchiati dalla terra. Gli unici che si salvano sono James Franco e i suoi invitati, che ora devono barcamenarsi tra la distribuzione dei viveri e soprattutto come redimersi dai propri peccati dopo essersi salvati dalla fine del Mondo. 
Film al testosterone galoppante con Pain and Gain con The Rock e Mark Walbergh, che interpretano due bodybuilders che sognano di arricchirsi rapendo un uomo facoltoso che frequenta la loro palestra, ma le cose andranno male per i neo criminali...
Alex Cross di Rob Cohen, ripropone le avventure del detective e profiler Alex Cross (Tyler Perry),. Questa volta Cross è
incaricato di trovare l'assassino di una donna decapitata. Le indagini lo porteranno a Picasso (Matthew Fox), un killer che ha già trovato in un proprietario di una multinazionale, Leon Mercier (Jean Reno), la sua nuova vittima.
Andate al cinema, ci sono i saldi di fine stagione!

mercoledì 17 luglio 2013

LA RUBRICA DEGLI ADII: Addio a Vincenzo Cerami





Lo sceneggiatore e scrittore Vincenzo Cerami è morto oggi dopo una lunga malattia. Aveva 73 anni.
Nato a Roma il 2 novembre del 1943, Cerami si accostò alla letteratura grazie a Pier Paolo Pasolini, che fu il suo insegnante alle medie. Nel 1965 fu aiuto regista di Pasolini per Comizi d'amore e successivamente per Uccellacci e Uccellini (1966). 
Nel 1976 scrisse il romanzo Un borghese piccolo piccolo, dal quale venne ricavata una sceneggiatura (firmata Monicelli e Amodei) per una trasposizione cinematografica diretta da Mario Monicelli e interpretata da Alberto Sordi e Shelley Winters.
Esordì come sceneggiatore con El Desperato (1967) e nei successivi 40 anni di attività, firmò le sceneggiature di  Casotto (1977) e Mortacci (1989) di Sergio Citti ,Gli occhi, la bocca di Marco Bellocchio (1882)  Colpire al cuore (1984) e Porte aperte (1992) di Gianni Amelio, Stregati di Francesco Nuti (1987).
Proficua fu la sua collaborazione con Roberto Benigni: sceneggiò Johnny Stecchino (1991), Il mostro (1994) e La vita è bella (1997) per la quale ottenne la nomination agli Oscar e vinse il David di Donatello, Pinocchio (2002) e La tigre e la neve (2005).
L'ultima sceneggiatura fu Tutti al mare diretto dal figlio Matteo. La figlia Aisha è anche lei attiva nel cinema come attrice.
Recentemente aveva vinto il David di Donatello per la carriera, ma non poté ritirarlo per l'aggravarsi della malattia. 
Il cinema e la letteratura italiana ha perso una delle sue penne più importanti

martedì 16 luglio 2013

FILMOGRAFIA: Ben Affleck






NOME:
 Ben Affleck
DATA DI NASCITA: 15/08/1972
LUOGO DI NASCITA: Berkeley, California, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attore, Produttore, Regista, Sceneggiatore







ATTORE:

(2013) To the Wonder - Neil
(2012) Argo - Tony Mendez
(2010) The Town - Doug MacRay
(2009) Extract - Dean
(2009) State of Play - Stephen Collins
(2008) La verità è che non gli piaci abbastanza - Neil
(2007) Smokin' Aces - Jack Dupree
(2007) Il diario di Jack - Jack Giamoro
(2006) Hollywoodland - George Reeves
(2004) Surviving Christmas - Drew Lathem
(2004) Jersey Girl - Ollie Trinkle
(2003) Paycheck - Michael Jennings
(2003) Amore estremo - Larry Gigli
(2003) Daredevil - Matt Murdock/Daredevil
(2002) Al vertice della tensione - Jack Ryan
(2002) Ipotesi di reato - Gavin Banek
(2001) Duetto a tre - Michael
(2001) Changing Lanes - Gavin
(2001) Jay and Silent Bob Strike Back - Vecchi McNeil/Se stesso
(2001) Pearl Harbor - Rafe McCawley
(2000) Bounce - Buddy Amaral
(2000) Trappola criminale - Rudy Duncan
(2000) Daddy and Them
(2000) 1 Km da Wall street - Jim Young
(1999) Dogma - Bartleby
(1999) Piovuta dal cielo - Ben
(1999) 200 Cigarettes - Bartender
(1998) Shakespeare in Love - Ned Alleyn
(1998) Armageddon - giudizio finale - A.J. Frost
(1998) Phantoms - Sceriffo Bryce Hammond
(1997) Will Hunting - Genio ribelle - Chuckie
(1997) Vivere fino in fondo - Tom "Gunner" Casselman
(1997) In cerca di Amy - Holden McNeil
(1996) Glory Daze - Jack
(1995) Generazione X - Shannon Hamilton
(1994) A Body to Die For: The Aaron Henry Story - Aaron Henry
(1993) La vita è un sogno - O'Bannion
(1992) Buffy l'ammazza vampiri - Giocatore di basket
(1992) Scuola d'onore - Chesty Smith
(1991) Daddy (Film Tv) - Ben Watson
(1987) Hands of a Stranger (Film Tv) - Billy Hearn
(1986) Wanted: The perfect guy (Film Tv) - Danny


PRODUTTORE:

(2012) Argo
(2009) Reporter, regia di Eric Daniel Metzgar  - documentario
(2007) Gone Baby Gone, regia di Ben Affleck
(2005) Project Greenlight 3 - serie TV, 11 episodi
(2005)Feast, regia di John Gulager
(2003)All Grown Up - film TV
(2003)Project Greenlight 2 - serie TV, 10 episodi
(2003) La battaglia di Shaker Heights (The Battle of Shaker Heights), regia di Efram Poetelle e William Rankin
(2002) Speakeasy, regia di Brendan Murphy
(2002) Duetto a tre (The Third Wheel), regia di Jordan Brady
(2002) Push, Nevada – serie TV
(2002) L'ultima estate (Stolen Summer), regia di Pete Jones
(2001-2002) Project Greenlight - serie TV, 12 episodi
(2001) Crossing Cord, regia di Soren Garcia-Rey - cortometraggio
(2000) The Third Wheel

REGISTA:

(2013) Argo
(2010) The Town
(2007) Gone Baby Gone
(1993) I Killed My Lesbian Wife, Hung Her on a Meat Hook, and Now I Have a Three-Picture Deal at Disney (cortometraggio)

SCENEGGIATORE:

(2007) Gone Baby Gone
(2002) Push, Nevada (Serie Tv)
(1997) Will Hunting - Genio ribelle


REGISTA:

(2013) Argo
(2010) The Town
(2007) Gone Baby Gone
(1993) I Killed My Lesbian Wife, Hung Her on a Meat Hook, and Now I Have a Three-Picture Deal at Disney


SCENEGGIATORE:

(2007) Gone Baby Gone
(2002) Push, Nevada (Serie Tv)
(1997) Will Hunting - Genio ribelle
(2002) L'ultima estate

lunedì 15 luglio 2013

MONOGRAFIA: Sofia Coppola




Quando nasci in uno dei clan più importanti del mondo cinematografico, la settima arte fa parte del tuo DNA, soprattutto se esordisci come nipote (maschio) di Al Pacino ne Il padrino quando ancora si è in fasce.
E' ciò che accade a Sofia Coppola, figlia di Francis Ford Coppola, nipote di Talia Shire, cugina di Nicholas Cage e Jason Schwartzmann e sorella di Roman Coppola. 
Ma Sofia non è solo "parente di", è un'artista autonoma, che ha solo imparato l'ABC del cinema grazie alla sua famiglia, ma poi capace di far emergere il suo talento in modo da camminare da sola nel tortuoso labirinto hollywoodiano, conquistando nel tempo fama, un posto nella storia di Hollywood (è la prima regista americana ad aver ottenuto la nomination all'Oscar, privilegio fino a ora dell'italiana Lina Wertmuller e della Neozelandese Jane Campion, oltre ad essere la prima sceneggiatrice donna a vincere l'Academy Awards), fashion icon (fu testimonial per Louis Vuitton e il suo stile è sempre ricercato e raffinato), diventando un'artista con la A maiuscola.
Sofia Coppola nasce a New York il 14 maggio del 1971 e inizia la carriera come attrice. Ma quella non è la sua strada, soprattutto dopo la stroncatura per il ruolo di Mary Corleone ne Il padrino-Parte III coronata con il Razzie Award, il temibile (anche se ormai divenuto un premio cult) Oscar delle peggiori performance cinematografiche. Beffa delle beffe, in realtà quel ruolo non era destinato a lei, ma a Winona Ryder, che aveva dato forfait a causa di stress da lavoro.
Successivamente recitò in un cameo ne Star Wars: Episodio I-La minaccia fantasma e nel videoclip Elektrobank dei Chemical Brothers, diretta dall'allora marito Spike Jonze (sposati dal 1999 al 2003).
Sofia Coppola decise di intraprendere la carriera di regista e mai scelta fu azzeccata: esordì nel 1999 con Il giardino delle vergini suicide, tratto dall'omonimo romanzo di Jeffrey Eugenides, lanciando nell'olimpo delle star una giovane Kirsten Dust. 
Nel primo film si intravede già la tematica della regista, immergendo i suoi personaggi in uno stato di alienazione che li allontana dal mondo esterno. I luoghi sono protagonisti insieme ai protagonisti: la casa dove vivono come delle recluse le cinque sorelle Lisbon, la casa dove si consuma la tragedia per aver chiuso contro la loro volontà ogni contatto con il mondo esterno.
Così come una stanza di albergo diventa il regno della noia di Charlotte o la hall il momento della solitudine dove un malinconico Bob sorseggia un cocktail: sono i protagonisti della sua senconda pellicola, Lost in Transation, con un grande Bill Murray nominato agli Oscar e una Scarlett Johanson pronta a diventare una stella di Hollywood.
La storia di amore platonica tra il maturo attore e la giovane laureata in filosofia che combattono la reciproca solitudine sullo sfondo della caotica e affascinante Tokyo, proietta Sofia Coppola tra le registe del momento, staccandosi di dosso definitivamente l'etichetta di figlia d'arte. Con Lost in Translation, Coppola ottiene la nomination per la miglior regia, e porta a casa la statuetta per la miglior sceneggiatura.
L'estro della regista newyorkese avviene con Marie Antoinette, dove dirige nuovamente Kirsten Dust e il cugino Jason Schwartzman, già attore di nicchia per Wes Anderson, nelle vesti rispettivamente di Maria Antonietta e Luigi XVII. La regista li isola nella splendida magione di Versailles, creando una sorte di mondo a parte immerso in un universo pop fatto di feste sfarzose (con l'utilizzo di una colonna sonora contemporanea con pezzi dei New Order e i Cure, mescolati con il classico Vivaldi e Domenico Scarlatti), allontanandoli da una realtà fatta di fame e poi di rivoluzione. 
Per il suo quarto film sceglie L.A. e lo Chateau Marmont, dove l'attore e divo del momento Johnny Marco (un insolito Stephen Dorff), combatte il tedio che lo assale viaggiando senza meta con la sua Ferrari gialla per le strade deserte di Los Angeles. Il soggiorno nell'hotel fatto di party, rapporti occasionali, rinchiuso di una stasi di artificialità e vuoto, in nome di una "routine da star" viene spezzata dalla figlia, (una giovanissima e già brava Elle Fanning) che viene a trovarlo per un periodo, facendogli riavere un contatto con la realtà. Il film le frutta il Leone d'Oro come miglior film.
La colonna sonora è firmata dal gruppo francese Phoenix e galeotta fu la collaborazione che Sofia convola a nozze con il frontman Thomas Mars,sposandosi in Italia, a Bernalda, nella terra d'origine dei bisnonni paterni.
Il suo ultimo lavoro è The Bling Ring con protagonista la star in ascesa Emma Watson, dove racconta la vera vicenda di un gruppo di giovani fanatici delle star che rubano nelle ville di Paris Hilton, Orlando Bloom e Lindsay Lohan. 
Sofia Coppola ama la moda, e la moda ama Sofia Coppola: testimonial delle borse Louis Vuitton, è inoltre regista degli spot Dior perfume.
Sofia Coppola ormai è una regista affermata con una carriera ancora lunga davanti a sé. Non chiamatela "figlia di" è così poco chic.



domenica 14 luglio 2013

LA RUBRICA DEGLI ADDII: Addio a Tonino Accolla



Il doppiatore Tonino Accolla, storica voce di Homer Simpson e di Eddie Murphy con la sua inconfondibile risata, è morto oggi a Roma, all'età di 64 anni dopo una lunga malattia.
Nato a Siracusa il 9 aprile del 1949, fu noto per aver doppiato quasi interamente la carriera di Eddie Murphy. Celebre fu la sua risata, che diede al pubblico italiano un marchio di fabbrica dell'attore afroamericano. Fu la voce di Murphy da 48 ore, finendo con Immagina che del 2009. Nel 2011 (probabilmente per problemi di salute) fu sostituito da Sandro Acerbo per il film Tower Heist
Altro doppiaggio celebre fu Homer Simpson, del cartoon amerano I Simpson, diventandone il direttore del doppiaggio. 
Come direttore del doppiaggio curò i maggiori successi degli anni Novanta: da  Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, a Brave Heart di Mel Gibson, a Titanic di James Cameron
Prestò anche la sua voce per doppiare star del calibro di Mickey Rourke (9 settimane e 1/2, Angel Heart, La vendetta di Carter), Kenneth Branagh (Enrico V, vincendo un Nastro d'argento per il miglior doppiaggio, L'altro delitto, Molto rumore per nulla), Tom Hanks (Splash-una sirena a Manhattan, Music Graffiti), Jim Carrey (Ace Ventura, Una settimana da Dio), Gary Oldman (Léon, Il quinto elemento).
Con la scomparsa di Tonino Accolla, il doppiaggio italiano (in crisi da tempo), ha perso un pezzo di storia. 

RECENSIONE: Anna Karenina




Titolo: 
Regno Unito, Francia, 2012
Cast: Keira Kightley, Jude Law, Aaron Taylor-Johnson, Olivia Williams, Kelly MacDonald.
Sceneggiatura: Tom Stoppard
Durara: 130'

Un treno che cambierà la sua vita per sempre. E' quello che accade ad Anna Karenina (Keira Knightley), in viaggio dal fratello Stepan "Stiva" Oblonskij (Matthew MacFayden) reo di aver tradito la moglie Dolly (Kelly MacDonald). 
Un viaggio per salvare un matrimonio, un viaggio che comprometterà la sua unione con il funzionario Karenin (Jude Law), freddo e altero consorte, a cui Anna è legata per via del suo unico figlio. 
Mentre condivide il viaggio con madame Vronskaya (Olivia Williams), incrocia il figlio di lei Aleksej Vronsky (Aaron Taylor-Johnson) e Anna prova un sentimento che a prima vista non riconosce, che rifiuta. Incontrato nuovamente a un ballo, Anna tenta di indirizzare Vronsky alla sua promessa Kitty (Alicia Vikander),oggetto del desiderio di Levin (Dohmall Gleeson), ma l'amore è in agguato, e con esso, la tragedia.
Joe Wright torna a dirigere per la terza volta Keira Kightley in un film in costume, dopo Ragione e sentimento ed Espiazione.
Wright traspone il romanzo di Lev Tolstoj in un contesto teatrale, creando su misura un dramma e adattandolo per il cinema, sfonda la quarta parete (il muro immaginario tra il palco e lo spettatore), fondendo insieme le due arti. Merito anche della sceneggiatura di Tom Stoppard, veterano del teatro che più volte si è cimentato nel cinema (Shakespeare in Love)
Wright inventa due mondi paralleli: da un lato il mondo vero, reale, con i paesaggi accarezzati dal sole, con i campi da mietere, bagnati dalla fatica dei lavoratori e della vita di stenti e della malattia, incarnata dal fratello di Levin. Levin rappresenta una sorta di unione tra i due mondi, cercando di salire sul palco della società russa per conquistare la candida Kitty, pur non rifiutando le origini di appartenenza. E sarà Kitty a sua volta a varcare la soglia nel mondo di Levin, in quanto sua sposa, prendendosi cura del cognato infermo.
Parallelamente la dimensione aristocratica viene rappresentata come dei tableau vivant, dove si aprono le tende e si assiste alla vita della nostra eroina, rinchiusa nella gabbia dorata delle convenzioni e delle rigide regole sociali, dove le donne possono esprimersi solo con pizzi, cappelli, opera e balli. E proprio nella scena più bella del film, scatta inevitabilmente la passione tra Anna Karenina e il conte Aleksej Vronsky: gli invitati al loro passare smettono di danzare, lasciando intuire man mano che le loro mani si sfiorano, l'amore che sboccia tra una piroetta e l'altra. Tutto intorno a loro è rarefatto, il tempo si ferma e vivono solo loro questo intenso momento. 
L'alta società russa, inglobata in un palcoscenico dove ogni atto scandisce l'epopea di Anna Karenina, accompagnandola scena per scena verso il tragico epilogo, sembra vivere in un sogno (che si trasformerà in un incubo), dove lei e gli altri personaggi sembrano diretti da fili invisibili dal regista, come se fossero marionette: non camminano, sembrano che danzino, tra un inchino e una piroetta, in un mondo, quello dell'aristocrazia russa, estrapolata dalla sua dimensione reale.
Ogni movimento è scandito dalla musica (Dario Marianelli ancora una volta offre la sua eccellente collaborazione), dove i due protagonisti accendono la loro passione, dove i funzionari timbrano ritmicamente, trasformando lo stakanovismo in  una sorta di sinfonia.
L'amore proibito consumato da Anna e Aleksej sembra che esista solo per loro, in un contesto totalmente estraniato dalla realtà, all'oscuro degli eventi, in un limbo costruito solo per loro, in modo che possano vivere senza vergogna, quella di Anna, di amare per la prima volta un altro uomo.
In una società dove le regole le dettano gli uomini dove sono legittimati a rappresentare la propria mascolinità tramite l'adulterio, Anna Karenina le infrange, scontrandosi con le ipocrisie e il bigottismo imperante, anche se Anna tenta di rimanervi aggrappata tenacemente. Anna tenta di frenarsi, tenta di negare a sé stessa che ama Vronsky, ma dopo aver ceduto, non riesce a nascondere ciò che prova, smascherandosi durante una gara ippica dove il suo amato ha un incidente. Urlando il suo nome, Anna si macchia pubblicamente di adulterio, arrivando a punirsi per aver ostentato così tanto coraggio.
Se Karenin è ligio al dovere nel salvaguardare la reputazione, Anna si lascia punire, vivendo pubblicamente l'onta dell'indignazione. 
E sarà proprio l'indifferenza che farà soffrire l'eroina di Tolstoj, arrivando all'unica scelta che può fare per salvare sé stessa e la sua onorabilità perduta.
Joe Wright firma un dramma raffinato e ineccepibile dal punto di vista visivo: curato nei minimi dettagli, dalle scenografie ai costumi (di Jacqueline Durrain giustamente premiate con l'Oscar) e impreziosita dalla colonna sonora di Marianelli, il cineasta rivoluziona la messa in scena da affascinare lo spettatore in modo tale da sopperire una certa freddezza dei sentimenti. Rispetto a Espiazione, il cineasta tende a raffreddare i sentimenti puntando più sull'emozione visiva, e sulla messa in scena (prepotentemente british) impeccabile. Ma forse è così che il britannico Wright immagina l'amore in Russia. 
Keira Knightley è misurata nel far trasaparire la sua discesa negli inferi della follia, mentre Jude Law, che ha ancora fascino e bellezza e sarebbe stato un perfetto conte Vronsky, preferisce i toni sommessi del funzionario Karenin, lasciando ad Aaron Taylor Johnson il ruolo del libertino romantico, ruolo che gli calza a pennello.
Anna Karenina forse pecca un po' di freddezza, ma è una gioia per gli occhi.

Voto: 7

giovedì 11 luglio 2013

LE USCITE DELLA SETTIMANA





Fa caldo chiudiamoci in un cinema, c'è l'aria condizionata!
Questa settimana esce l'ultimo film di Guillermo Del Toro con Pacific Rim. I Kaiju sono delle creature mostruoso che emergono dagli oceani, facendo scatenare una guerra che rischia di distruggere milioni di vite umane. A combattere i Kaiju ci pensano dei robot, i Jaeger, controllati dagli esseri umani. I Kaiju sembrano avere la meglio, ma l'unica speranza di salvezza sembra un ex pilota caduto in disgrazia (Charlie Hunnam), chiamato a pilotare un Jaiger obsoleto...
Commedia alla Ocean Eleven con Now You See Me - I maghi del crimine con Jessie Eisemberg.
 Un gruppo di maghi guidati dal carismatico Atlas (Jessie Eisemberg), si esibiscono in numeri di magia particolari: svaligiano una banca di Parigi da Las Vegas. Sulle loro tracce c'è l'agente dell'FBI Dylan Hobbs (Mark Ruffalo) è determimato ad arrestarli, ma l'impresa sarà più ardua del previsto...
Un'altra commedia d'azione con Uomini di parola, con Al Pacino e Christopher Walken, che vestono i panni di due criminali che passano una nottata folle tra bordelli e auto rubate. Uno dei due non fa in tempo a ritrovare la libertà perduta, che deve compiere un crimine su commissione...
Piscina o cinema? Cinema su, su!

mercoledì 10 luglio 2013

MUSIC REVIEW (Monnezza Edition): Maroon 5 - Love Somebody




Titolo: Love Somebody
Band: Maroon 5
USA, 2013
Regia: Rich Lee
Durata: 3'59''

Madò quanto so' fico, quanto so' bello, trallalera trallarello. Mo' vi faccio rosicare fanciulline mie, volete vedere sto' ben diddìo subito eh? Ma io faccio il prezioso, perché so' fico e so' bello. 
Toh, mi spalmo di argilla. Mi si vede solo la boccuccia mia, quant'è bella la boccuccia mia. Mi spalmo ancora un po' di argilla, adesso si vede l'occhietto mio luccicoso, e pure il pettorale che non è manco villoso. Perché so' fico e so' bello e lo devono sapere questo e quello. 

Anche i compagnucci miei della mia band sono ricoperti di creta, ma loro sono vestiti perché sono sfigatelli, mentre io so' nudo e loro non son belli. 
E mentre loro lavorano per me, io mi spupazzo la ragazzella, e me l'accarezzo alla facciazza loro. Suonate sennò vi spezzo le ditina e ci gioco a Shanghai. 
Io e la ragazzella mia giochiamo a Ghost e le sfioro solo le zinne, perché so' sempre un signore io, mentre i compagnucci miei stanno a guardare. E stanno a rosicare. Perché io so' fico e so' bello, e voi neppur quello. Ci abbracciamo come du' polipi, ma poi lei se ne va e io rimango solo con la mia ficaggine. Me ne farò una ragione. Perché so' fico e so' bello, trallalera trallarello.
Adam Levine colpisce ancora. Sembra che la carriera di frontman dei Maroon 5 sia il rimpiazzo di una mancata carriera nel cinema a luci rosse. Non che i suoi video dalla sensualità da quattro soldi che ci propone ormai in formato standard a ogni video che fa siano scabrosi, è che sembra che voglia dimostrare di essere all'altezza del nostro Rocco nazionale. Solo che viene sistematicamente scartato a fantomatici provini. 
Perché di Rocco ce n'è uno, tutti gli altri son nessuno. 
Di conseguenza ci prova con la musica, ammorbandoci con le sue canzoncine pop e i siparietti sexy che ci fanno rimpiangere la commedia un po' zozzona all'italiana  degli anni Ottanta. 
Il videoclip seppur sia interessante dal punto di vista visivo, viene fagocitato dall'enorme ego di Levine, che, se non si è ancora capito, vuole ribadire di essere un fico pazzesco.
Perché lui è figo e bello, e vuol far intendere solo quello.



martedì 9 luglio 2013

SPOT REVIEW: Swatch - Black and Withe



Titolo: Swatch - Black and Withe
Usa, 1993
Regia: Spike Lee
Durata: 46''

In uno splendido giardino si sta celebrando un matrimonio di una donna afroamericana.
Il prete e gli invitati attendono la sposa, un paggetto porta le fedi e una videocamera immortala l'evento. 
La sposa arriva in compagnia del suo futuro marito, che è bianco.
Gli invitati della sposa sono da una parte, gli invitati dello sposo sono seduti da un'altra parte, a dividerli c'è il tappeto rosso che verrà percorso dai futuri consorti. 
La cerimonia inizia, ma al momento fatidico dello scambio degli anelli, il paggetto si accorge di aver perso le fedi nuziali. Fortunatamente arriva il testimone dello sposo in bicicletta (Spike Lee) che indossa due fedi speciali: uno Swatch nero e uno Swatch Bianco. Gli sposi lo indossano: lei quello bianco, lui quello nero. Ora sono marito e moglie. 
Black hours, withe minutes. Con questo slogan viene celebrato l'amore tra due etnie diverse, che, con il sacramento del matrimonio, diventano un'unità sola.
Diretto nel 1993 dal regista Spike Lee (Malcom X, La 25esima ora), il regista newyorchese sembra riprendere la storia rimasta in sospeso tra Flipper e Angie, i protagonisti del lungometraggio Jungle Fever, storia di amore interrazziale tra un architetto afroamericano e una segretaria bianca. 
Se nella pellicola i due amanti devono superare molte avversità per stare insieme, (mal) sopportardo l'intolleranza   di una coppia "mista" sia da parte della comunità afroamericana, sia di quella italoamericana, in questo spot vengono cancellati i pregiudizi razziali, dove finalmente un uomo e una donna possono stare insieme anche se hanno diverso il colore della propria pelle. 
 Spike Lee infrange ogni tabù razziale e immagina un epilogo felice per i suoi protagonisti, creando per loro il più bel giorno della loro vita.: sposandosi fanno convivere pacificamente le etnie a cui appartengono.
Black hours, withe minutes. L'amore non ha barriere.




domenica 7 luglio 2013

NEWS: The Lone Ranger rischia il flop?



Cattivissimo me 2 piace più di The Lone Ranger. E' questo il verdetto che il pubblico americano ha emesso nella settimana dell'idipendence day. 
La pellicola diretta da Gore Verbinski e interpretato da Johnny Depp e Armie Hammer, non ha stregato gli americani, soprattutto i teenager e ora dovrà fare i salti mortali per recuperare i 215 milioni di dollari investiti nella pellicola. 
Se in Italia è stato accolto favorevolmente, negli USA la pellicola di animazione prodotta dalla Universal sta stroncando l'ascesa del giustiziere e del suo amico nativo americano, che è riuscito a incassare solo 10 milioni di dollari, nonostante fosse distribuito in ben 3.904 copie sparse per gli Stati Uniti. 
A buttare ulteriore benzina sul fuoco sono state le critiche negative della stampa americana. Che la maledizione di Wild Wild West incomba anche su questo moderno western del XXI secolo? Se incasserà più del disastroso west diretto da Barry Sonnenfield e interpretato da Will Smith nel 1999, ovvero 450 milioni di dollari, il pericolo sarà scongiurato...

giovedì 4 luglio 2013

LE USCITE DELLA SETTIMANA




Blockbuster Vs. film d'autore: questa settimana escono The Lone Ranger e To The Wonder.

Diretto da Gore Verbiski, The Lone Ranger racconta le avventure di John Reid (Armie Hammer) che da semplice uomo di legge, si trasforma in un eroe mascherato. La sua ultima missione consiste nell'assicurare un posto in gattabuia a Butch Cavendish. Avviene un'imboscata e Reid perde il fratello, mentre la sua vita viene salvata dall'indiano Tonto (Johnny Depp). Insieme a Tonto, Reid cercherà giustizia...
To The Wonder è l'ultima fatica di Terrence Malick. Neil (Ben Affleck) è uno scrittore fallito e sta vivendo un matrimonio senza amore con Marina (Olga Kurylenko), sposata solo per farle avere il permesso di soggiorno. Neil e Marina hanno una figlia, ma entrambi vivono relazioni adultere. Neil è attratto da Jane (Rachel McAdams), mentre Marina lo tradisce con Charlie. Entrambi cercano la propria strada e si affidano alla guida spirituale di Padre Quintana (Javier Bardem), prete che ha speso la sua esistenza aiutando il prossimo, tranne sé stesso...
Commedia divertente con Questi sono 40: Pete (Paul Rudd) è sposato con Debbie (Leslie Mann) e ha due bambine e sta per compiere 40 anni. Finisce per entrare in crisi quando la sua casa discografica è in difficoltà e soprattutto, sta per diventare padre per la terza volta...
Violeta Parra-Went to Heaven, racconta la storia dell'icona cilena degli anni '50, quando con le sue canzoni folk, divenne la cantante più famosa del Cile. Il film parte dalla sua infanzia nella povertà, alla creazione del museo Natiònal de arte folklorico, fino al suo impegno nella politica di sinistra.
Tutti al cinema!

mercoledì 3 luglio 2013

STAR GOSSIP: Il dolore di Pierce Brosnan



Un grave lutto ha colpito l'attore irlandese Pierce Brosnan: sua figlia Charlotte, a causa di un tumore alle ovaie, dopo aver lottato per tre anni il terribile male.
L'attore era impegnato sul set di November Man, quando alla notizia dell'aggravarsi delle sue condizioni, ha deciso di lasciare momentaneamente il set per stare vicino alla figlia.
Lo stesso male aveva portato via la moglie Cassandra Harris 22 anni prima. Nipote di Richard Harris e famosa per aver interpretato la Bond girl Lisl in Solo per i tuoi occhi, aveva sposato Brosnan in terze nozze e  l'attore aveva adottato i figli di lei, Charlotte e Christopher.
Provato dal lutto, ha dichiarato:

"La mia adorata figlia Charlotte Emily è passata alla vita eterna, avendo perso la battaglia contro un cancro alle ovaie. Ha combattuto la malattia con grazie e umanità, coraggio e dignità. I nostri cuori sono affranti dalla perdita della nostra cara, meravigliosa figlia. Preghiamo per lei e perché una cura a questo maledetto male sia presto disponibile”. 1







1http://www.lastampa.it/2013/07/02/spettacoli/morta-la-figlia-di-pierce-brosnan-2DjCUgdyPbMXseM9J2jlpI/pagina.html

martedì 2 luglio 2013

MONNEZZA MOVIE: Catwoman




Titolo: Catwoman
USA, 2004
Cast: Halle Berry, Sharon Stone, Benjamin Bratt
Sceneggiatura: John D. Brancato, Michael Ferris, John Rogers.
Durata: 100'


Patience Philips (Halle Berry) è una sfigata. Si veste di merda, ha i capelli conciata come una robbosa e non la caga nessuno. Che bel biglietto da visita. Vorrebbe essere un'artista, ma finisce per essere schiavizzata come art director per l'industria di cosmetici dove Sharon Stone/Lauren Hedare (Sharon Stone) non accetta di essere diventata una vecchia abelarda e deve lasciare il ruolo di testimonial a una strafiga che ha 30 anni di meno. Infatti le hanno dato il benservito come testimonial della Dior, pardon della crema Beau - Line. 
Ma  il suo destino da sfigatina sta per cambiare, ma lei ancora non lo sa. E chissene fr... Wow, stai per diventare una tipa cooool! Però se figa vuoi diventare, c'è lo scotto da pagare. Devi schiattare. 
Infatti ci prova la prima volta un gatto, lei sale su un cornicione per salvarlo e quasi ci rimane secca. Ma fatti i cazzi tuoi! Ma non sai che i gatti cadono sempre in piedi?  Sta per cascare dal cornicione, ma viene salvata dal poliziotto Tom Lone (Benjamin Bratt). Ma fatti i cazzi tuoi pure tu, il suo destino sta per compiersi! 
La seconda volta va a segno: Patience scopre che la crema dei miracoli fa diventare brutta come la fame e da imbranata qual è si fa sgamare. Così l'ammazzano. Lei finisce nella spiaggia della tenuta estiva di Ophelia, alias la gattara dei Simpson (Frances Conroy) e finisce circondata da una marea di gatti. Sono enormi, paiono lupi. Ma quanto cazzo mangiano per essere grossi così? Il suo destino si è compiuto.
Il gatto ha appena mangiato un pentolone di Kit e kat e le alita in faccia: si rianima di colpo e ora una nuova vita le si prospetta. Così, tornata a casa, si specchia e vede quanto è vestita demmerda, come tiene conciati i capelli demmerda  e pensa di avere sbagliato tutto dalla vita. Domani si ricomincia. Dopo tutto, domani è un altro giorno, no?
Si sveglia e si ritrova di nuovo vestita demmerda con i capelli demmerda. Ma non doveva iniziare una nuova vita? Ma allora il gatto che le ha alitato a fare? Puzzava di coniglio, cazzo di croccantini aveva mangiato? Roba da far resuscitare i morti. Infatti ha resuscitato lei. 
Dunque, ora Catwoman ha scoperto tramite la signora Ophelia aka la signora dei gatti dei Simpson che il gatto (che voleva farla diventare una stracciatella facendola cadere dal cornicione), le ha dato un dono, ha scelto proprio lei. Ma gironzolare in casa passando il tempo a vomitare palle di pelo no, eh?
Decide di reagire, così una sera, guarda Real Time e si spara l'intera serie di Tabatha mani di forbice e capisce che è tutta da rifare, si taglia i capelli e si fa la tinta da sola.
Poi, non paga, si legge il libro di Enzo Miccio e capisce che il suo guardaroba fa cacare. Ma come ti vesti?!
Così decide di dare una rinfrescata al look: pantaloni tutti rotti a fil di culo, reggiseno in bella mostra, le catene e la frusta. Pari una dominatrice di film porno sadomaso. Ma copriti a' svergognata!!! 
La trasformazione è conclusa: è nata Catwoman. Look sexy e movenze feline. Mieooow!
-"Signorina Catwoman, scusi, ma lei vende sesso?"
-"No, io sono solo una gatta in calore e corco di botte i cattivoni brutti bubù."
-"Scusi sa, è che conciata così mi sembrava una mignotta!"
Catwoman cerca di mettere in mostra le sue tet... le sue capacità da micia miao al servizio della giustizia, si lancia sui tetti dei grattacieli, si muove con agilità,  ma oltre a sembrare una delle Pussycat Dolls per come è "vestita" (anche perché ogni volta che si muove scatta la musica da zoccolona), viene scambiata per una ladra (che è, visto che si è pappata un collier e un anello dopo aver sventato una rapina) e una che aggredisce (che è, visto che le ha date di brutto al tipo che la voleva accoppare). Sputtanata dai media, Catwoman sembra più che una a servizio del bene, una sciroccata. Minchia, che esordio col botto, manco il Pinguino aveva fatto così.
In più ci si mette Sharon Abelarda che ha la faccia d'acciaio dopo aver messo quintali di crema, fa la supercazzola prematurata a destra, accoppa il marito e riesce a far ricadere la colpa su di lei. Ma non era una paladina della giustizia? In più il detective che se la tromba scopre la sua identità e la fa arrestatre. Ma sei proprio una looser! 
Il micio della gattara dei Simpson viene a trovarla, e le fa  capire che deve pensare come un gatto. Miao. Riesce a evadere passando attraverso le sbarre. Hai visto che tutto quel saltare ti ha fatto bene alle cosce e ti è pure sceso il culo? Va' che pancia piatta! Nel caso dovesse andarti male come giustiziera assetata di vendetta, potrai sempre fare la pubblicità alla TV per gli addominali. 
Ora è in cerca della sua giustizia privata. E' arrivato il momento dello scontro con Sharon l'abelarda d'acciaio, intenta a fargli fuori il fidanzato detective, ma  lei lo mette in salvo e le dice che ha scoperto la sua identità, ovvero la sfigata che ha salvato dal cornicione. Poi le consiglia di trovarsi un nuovo costume perché così è una scostumata. 
Lei non ha tempo di andare a fare shopping, perché c'è un catfighting finale da fare con Sharon l'aberlarda spaziale. Catwoman sembra avere la peggio, le viene data ancora una volta della perdente, s'incazza e fa fuori l'Abelarda senza rughe che scopre gli effetti collaterali del cosmetico e ha la faccia che pare grattuggiata col Gratì dell'Ariete. Catwoman vince. Sfigata a chi?!
Sono una gatta, non sono una santa. E vagando per la città, da buona sfig... da donna gatto, ha accettato il suo dono, in attesa di una nuova avventura. Criminali compiete i vostri crimini, ci sarà Catwoman a prendersi la colpa!
Il regista Pitof crea un enorme giocattolone per donne con l'autostima in calo e prende l'eroina Marvel Catwoman per offrire una storia di redenzione da sfigata a strafica, dove non conta la bellezza, ma le qualità che hai dentro. Aahahah, come no. Infatti Patience Philips finché non ha cambiato look e si è truccata da troione, il fidanzato non ce l'aveva. Bob Kane non l'aveva creata mica per questo!
Girato ad cazzum con un'estetica da videoclip, con titoli di testa lunghi e pallosi, e con un uso improprio degli effetti speciali da passare la voglia di farti acquistare un micio, perché se diventa brutto e grosso così non lo vogliamo. Poi se ti spinge pure sui a buttarti da un cornicione, meglio evitare.
Catwoman ha gli effetti speciali brutti, ma così brutti, che quelli usati per una scena da Giuseppe Tornatore in Bàaria sembrano da Oscar. E sì che Pitof metà della carriera li ha spesi come responsabile degli effetti visivi. Forse il regista francese li ha presi a una svendita al 70% dell'Industrial Light and Magic.
Halle Berry dopo l'Oscar non ne ha azzeccata una e forse era meglio se scartava qualche copione in più in attesa di una parte decente. Il fatto che sia andata alla grande a Julie Newmar, Michelle Pfeiffer e Anne Hathaway, non significa che sia andata bene pure a te.
Onore al merito invece a Sharon Stone, che conferma per l'ennesima volta la capacità di costruirsi una carriera da star, facendo bene o male, a parte un paio di titoli, solo film di merda. Saranno i chili di crema, ma è una figa da paura. E sembra pure che sappia recitare. Però ribadisco, sembra.
Catwoman è un videoclip di  100' che fa semplicemente cacare. E neanche una tonnellata di sabbietta profumata per gatti può nascondere una cacata puzzolente di questa portata.

Voto: 2.5