lunedì 30 dicembre 2013

MOVIE ON THE ROAD: New York

 
New York è la capitale del cinema americano per eccellenza.
Se Hollywood, la mecca del cinema è in California, ma New York ha sempre esercitato un fascino indiscusso e meta per set cinematografici e televisivi (una su tutte la serie Sex and The City, vista in maniera meno patinata da Lena Dunham in Girls).
 New York è una metropoli ricca di cultura, ogni quartiere ha la sua storia e ha un mix di etnie provenienti da tutto il mondo.
E' un'impresa ardua raccontare tutti i film, ma una carrellata dei film più famosi può fornire uno squarcio sulla città che non dorme mai.
Si inizia da un classico del cinema horror con King Kong (1933), dove il New York diventa la  (forzata) seconda casa di un enorme gorilla, fino alla ormai famosa scena in cui King Kong prende una terrorizzata Fay Wray e la porta con se sull'Empire State Building. E l'Empire State Building è protagonista di due incontri amorosi: in Un amore Splendido i protagonisti interpretati da Cary Grant e Deborah Kerr decidono di rivedersi, ma un incidente di lei stravolge i piani. Ci riprovano i protagonisti di Insonnia d'Amore (1993), film ambientato a Seattle ma con viaggio a New York dove Meg Ryan e Tom Hanks decidono di incontrarsi di persona per la prima volta.
Lo skyline di Manhattan si vede dalla finestra dell'appartamento di Brandon (John Dall) in Nodo alla gola di Alfred Hitchcock, dove il protagonista insieme all'amico Philip (Stewart Granger) uccide il suo compagno di università e nasconde il corpo in una cassa che diventa il tavolo dove servire delizie a un cocktail party.
Le band degli Shark e dei rivali Jets, si sfidano a colpi di passi di danza in West Side Story (1961) di Robert Wise scene che sono ambientate nell'attuale Lincoln Center, sulla 66esima strada.
 romantico con Colazione da Tiffany di Blake Edwards (1962), dove la bella Holly (Audrey Hepburn) sognava i gioielli di Tiffany, situata alla 5th Avenue bevendo un cappuccino e mangiando un danese.
Ma la vera e propria dichiarazione d'amore alla città ce la regala Woody Allen con Manhattan (1979). Anzi, per Woody Allen ci vorrebbe uno spazio a parte, dato che la sua corposa filmografia è ambientata all'80% a New York. Manhattan viene mostrata in 64 sequenze cadenzate dal ritmo de Rapsodia in blu di George Gershwin. Ambientato nel quartiere dell'Upper West Side di New York,Isaac e Mary (Diane Keaton) si siedono su una panchina di Sutton Place ad ammirare lo strepitoso skyline newyorchese.
Isaac fa la spesa insieme a Tracy (Mariel Hemingway) da Dean and De Luca, famoso negozio di delicatessen newyorchese, compra i libri da Rizzoli e mangia la pizza da John's Pizza.
Uno dei più famosi parchi di Manhattan è Central Park, meta de Il maratoneta, dove Dustin Hoffman si allena quotidianamente per partecipare all'evento sportivo dell'anno, la maratona di New York, prima di essere coinvolto in un affaire di spionaggio per scoprire chi ha ucciso suo fratello (Roy Scheider).
Anche Brooklyn, altro distretto di New York è famosa grazie a La febbre del sabato sera (1979), dove Tony Manero (John Travolta) mangia la pizza da Lenny's, situato al Bay 20th Street a Bensonhurst.
E Brooklyn viene visitata anche da Sergio Leone in C'era una volta in America, girato nell’East River, dall'8th Avenue South a Bedford Avenue, da Water Street a Washington Street. Le scene più importati sono girate al Manhattan Bridge e il ponte di Williamsburg, è infatti sotto questo ponte dove il protagonista interpretato da De Niro e  Noodle (James Wood) si incontrano per la prima volta.
A Brooklyn è ambientato Lola Darling, il primo film di Spike Lee, che, insieme a Woody Allen e Martin Scorsese hanno eletto NY come set dei loro film. E in Lola Darling il finale del film ci mostra il famosissimo ponte di Brooklyn, che collega Brooklyn con Manhattan.
Time Square con le sue mille luci è il cuore pulsante di New York, immortalato in molti film, ma diventa il luogo in cui puoi trovare ragazze di "vita" in Taxy Driver di Martin Scorsese, dove l'insonne Travis Bickle (Robert De Niro) incontra la baby prostituta Daisy (Jody Foster) che cerca di redimere a tutti i costi.
Il quartiere di Tribeca (dove si celebra il Tribeca film festival di Robert De Niro) è la sede generale degli Acchiappa fantasmi in Ghostbusters, ambientata in una vera caserma dei pompieri (oggi chiusa) e dove si possono acchiappare i fantasmi alla New York Library.
Wall Street, la culla del capitalismo viene ripresa nell'omonimo film di Oliver Stone e nella parte finale di Una poltrona per due (1983) di John Landis.
Il cibo "afrodisiaco" lo si trova all'205 East Houston da Katz Delicatessen: qui è dove Sally (Meg Ryan) spiega in maniera abbastanza esplicita a un divertito Harry (Billy Crystal) che una donna può simulare un orgasmo. Volete provarci? Scegliete quello che ha preso la signorina! (La celebre battuta che chiude l'esilarante scena)
Il Madison Square Garden è il luogo dello sport per eccellenza e qui torna Woody Allen con Misterioso omicido a Manhattan (1993), dove ambienta una scena del suo divertente noir.
Ah, Broadway, chi non vorrebbe vedere un musical a Brodway? Se volete vedere uno spettacolo, andate al Belasco Theatre, luogo delle pazze prove di Pallottole su Broadway (1994) del "solito" Woody.
Ground Zero colpita nell'anima dopo l'attacco delle Twin Towers (che rivivono per un istante in Remember Me) viene ritratta ne la 25esima ora: riprendendo quel luogo orfano delle torri, Spike Lee sembra voglia comunicare di andare avanti, nonostante tutto).
E l'attacco alle Twin Towers viene documentato da in World Trade Center  (2006)di Oliver Stone
E infine Il Madison Square Garden è luogo per avventure di una notte per Brandon (Michael Fassbender) il sesso-dipendente di Shame (2012), occasione per vedere un film in cui Manhattan è meno glamour, patinata e un po' meno fashion.
 
La lista è interminabile, New York è ancora oggi un "cantiere aperto" per set cinematografici, televisivi e pubblicitari, rimanendo per sempre una delle città più amate da chi ama viaggiare. E se volete viaggiare, contattate i viaggi di Bedin Iris:
 
 
 
 
 
 

RECENSIONE: The Butler

Titolo: The Butler-Un maggiordomo alla Casa Bianca.
Titolo originale: Lee Daniel's The Butler
USA, 2013
Cast: Forest Withaker, Ophra Winfrey, John Cusack, Jane Fonda, Robin Williams.
Sceneggiatura: Lee Daniel, Danny Strong.
Regia: Lee Daniel.
Durata: 113'
Ispirato a un articolo del Washington Post che raccontava al vita di Eugene Allen, il maggiordomo della Casa Bianca che per 30 anni divenne il fedele servitore dalla presidenza Eisenhower fino all'era reganiana. Attraverso il personaggio di Cecil Gaines (Forest Withaker) e tre decadi, parallelamente si assiste alla lotta per i diritti agli afroamericani, fino all'elezione di Barack Obama, primo presidente afroamericano degli Stati Uniti d'America.
Sembra che gli americani vogliano fare pubblica ammenda e porgere in maniera poco convenzionale le proprie scuse nei confronti della comunità afroamericana cercando di cancellare l'onta della schiavitù, offrendo un altro pezzo di storia dalla fine dello schiavismo al conseguimento dei propri diritti in una società WASP che per anni ha cercato di nascondere il suo passato razzista "sotto un tappeto".
Nel 2013 Barack Obama è al suo secondo mandato alla presidenza americana, Ophra Winfrey è una delle donne più potenti e ricche d'America e le "mixed couple" analizzate in maniera problematica da Spike Lee in Jungle Fever non sono più un tabù. Sembra ormai un lontano ricordo la crudeltà della schiavitù, così come è passato quasi mezzo secolo dal mitico discorso di Martin Luther King e il suo I have a dream. Ma, se in genere noi esseri umani tendiamo ad avere una memoria storica un po' corta, non è poi così lontana la lotta ai diritti civili degli afroamericani.
Meno male che c'è il cinema, che oltre a svolgere interessanti "lezioni di storia", nell'era obamiana si accorge degli errori del passato (in realtà mai sepolti, anzi, ancora oggi uno spettro e un'eredità pesante in quel dell'America del Sud), facendo più o meno pubblica ammenda, o meglio per rinfrescare la memoria e per non dimenticare.
Infatti se con Django Unchained di Quentin Tarantino si racconta la parabola western di un ex schiavo che lotta per mantenere la sua libertà, con  Lincoln di Steven Spielberg si affrontava la battaglia per approdare all'emendamento che poneva fine alla schiavitù, con The Butler di Lee Daniels si compie un viaggio che copre 50 anni che parte dai campi di cotone, per arrivare alla vittoria di Barack Obama, primo presidente afroamericano nella storia degli USA.
Un affresco di storia dalla parte del "più debole", un po' come aveva fatto Robert Zemeckis e il suo Forrest Gump.
Ma chi è Cecil Gaines? Cecil Gaines è il maggiordomo della White House, ma prima di tutto è un uomo che ha conosciuto l'infanzia in una piantagione, figlio di schiavi e ha assistito in prima persona alla crudeltà che i padroni che lo privano del padre, salvato dalla misericordia della padrona della piantagione di Macon, che lo introduce all'arte della servitù del the.
Il percorso alla Casa Bianca è ancora lontano, e un giovane Cecil (Aml Ameel) impara il mestiere di maggiordomo in un Hotel la sua capacità di trattare con impeccabile gentilezza gli ospiti, capacità che gli apriranno le porte della stanza Ovale, diventando il maggiordomo ma anche il confidente dei presidenti americani, prendendo le occasioni della vita, occasioni che la società bianca decide di offrire agli afroamericani.
Cecil è stato educato a servire il the, ma è stato educato anche a rimanere al suo posto, rimanendo fermo, immobile, lasciandosi scivolare addosso gli avvenimenti sia della storia che della sua famiglia. Tutto scorre, così come si succedono le presidenze, da Eisenhower (Robin Williams) a Kennedy (James Marsden) e i suoi primi tentativi per i diritti per i afroamericani fino al suo omicidio, da Lindon Johnson alla guerra del Vietnam, da Nixon (John Cusack) al Watergate fino a Regan (Alan Rickman) che lo invita a una cena presidenziale. Cecil Gaines vive in una specie di palla di cristallo, dove tutto rimane apparentemente immobile, come deve stare lui durante un pranzo o una cena del "suo" presidente. Ma fuori non è così, tutto si muove, tutto scorre.
Perché il mondo fuori dalla White House dopo i miti anni Cinquanta, con la presidenza Eisenhower  gli USA erano ancora in uno stato di quiete apparente, dove gli afroamericani si sedevano in fondo agli autobus, avevano uno spazio apposito per bere un caffè in una tavola calda, e un'università "esclusiva", tutta per loro.
Come la storia, quella vera,  insegna, un giorno un'operaia di nome Rosa Parks, stanca dal lavoro decise di non cedere il posto sul bus a un bianco, e con un semplice gesto non violento la comunità afroamericana solleva la testa dopo anni di soprusi e decide di combattere. Tranne Cecil, che rimane in piedi, fermo e immobile.
Fuori dallo studio ovale c'è un mondo che Cecil conosce a malapena, a cominciare dalla sua famiglia, con la moglie Gloria (Ophra Winfrey) che vive una vita da casalinga disperata, e un rapporto conflittuale con il figlio Louis (...), che non ci sta a farsi mettere i piedi in testa e decide di combattere prima in nome della non violenza, e poi passa dalle parole ai fatti (ma non fino in fondo) entrando nelle Black Panthers.
E paradossalmente se il film è focalizzato sulla figura di Cecil, nelle mani di Lee Daniels diventa quasi un pretesto per raccontare questi eventi storici, che sono più emozionanti e interessanti del suo stesso protagonista.
La resistenza passiva degli studenti al fast food, l'incendio al bus durante il sit-in di Woodsboro, la polizia dal grilletto facile che fece scatenare il motto "in difesa dell'autodifesa", mostrano la meschinità e la crudeltà dei bianchi, facendoci ricordare che non è passato così tanto tempo dalla fine delle ingiustizie e che c'è ancora tanto da fare per vivere in un mondo dove non ci sono le disparità di classe e la differenza del colore della pelle.
Daniels mescola eventi storici con gli eventi privati di Cecil, che fa da collante alla storia, focalizzando il rapporto conflittuale con il figlio Louis, che ripudia in quanto colpevole di non essere stato al suo posto. Ma anche Cecil alla fine capisce che nella vita si può avere di meglio, e intraprende una piccola battaglia personale per ottenere uno stipendio al pari dei suoi colleghi bianchi, fino a sostenere al fianco di Louis la candidatura di Obama.
The Butler è un affresco storico un po' sulla falsa riga del melò che appassiona più dal punto di vista degli eventi reali che quelli personali del protagonista, rivitalizzati comunque dalla sfera familiare con i loro drammi quotidiani. Ottima la musica e soprattutto il cast stellare da Foresth Withaker a Ophra Winfrey, a Liev Scheiber, Alan Rickman e Jane Fonda (Nancy Reagan), fino a un redivivo Cuba Gooding Jr. e la rock star Lenny Kravitz che pare abbia accantonato la musica per scoprirsi un attore.
The Butler è una pellicola anche se a tratti discontinua è capace di emozionare e che sembra faccia suo il motto "Yes we can" di Barack Obama.
Voto: 7+
A.M.

sabato 28 dicembre 2013

SOUNDTRACK: Sex and the City 2

La colonna sonora di Sex and the City 2 (decisamente meglio del film) comprende 18 tracceprevalentemente R'n'B con le migliori star: dal duetto di Jennifer Hudson (che aveva interpretato il ruolo dell'assistente di Carrie nel primo capitolo) e Leona Lewis, stella ormai confermata nel panorama della musica, con Love is your color.
La veterana Liza Minnelli propone la cover della hit di Beyoncé Single Ladies (Put a Ring On It), che ha anche un cameo da perfetta icona gay in qual è, cui canta questa canzone al matrimonio di Anthony e Stanford.
Altra cover di lusso è Rapture dei Blondie, rivisitata da Alicia Keys. Un classico degli anni Ottanta torna grazie a Cindy Lauper e la sua struggente True Colors, che rappresenta un momento intimista per Carrie, l'icona della serie TV.
Dido torna con un inedito, Everything to lose, mentre Natasha Atlas con la canzone Kidda, regala alla colonna sonora un tocco fascinoso e sensuale dall'oriente, aprendo le danze alla loro fantastica vacanza esotica, all'insegna della fuga dalla città.
Il finale è segnato dalle protagoniste del film, Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Kristin Davis e Cynthia Nixon che cantano il classico di Helen Reddy I Am Woman, che suggella la loro amicizia ancora una volta.

Tracklist:

1. Alicia Keys – “Rapture”
2. Dido – “Everything to Lose”
3. Cee-Lo – “Language of Love”
4. Erykah Badu – “Window Seat”
5. Natacha Atlas – “Kidda”
6. Michael McGregor – “Euphrates Dream”
7. Liza Minnelli – “Single Ladies (Put A Ring On It)”
8. Ricki-Lee – “Can’t Touch It”
9. Alicia Keys – “Empire State of Mind (Part II) Broken Down”
10. Jennifer Hudson and Leona Lewis – “Love Is Your Color”
11. Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Kristin Davis, Cynthia Nixon – “I Am Woman”
12. Sex and the City Men’s Choir – “If Ever I Would Leave You”
13. Sex and the City Men’s Choir – “Sunrise, Sunset”
14. Sex and the City Men’s Choir – “Till There Was You”
15. Shayna Steele, Jordan Ballard, Kamilah Marshall – “Bewitched, Bothered and Bewildered”
16. Liza Minnelli with Billy Stritch – “Ev’ry Time We Say Goodbye”
17. Cyndi Lauper – “True Colors”
18. Aaron Zigman – “Divas and Dunes”


venerdì 27 dicembre 2013

ORIGINALE Vs. REMAKE: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato

Con lo spirito delle feste natalizie, Director's cultHo voglia di cinema hanno scelto un classico del cinema: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Director's cult si occupa dell'originale, mentre Ho voglia di cinema il remake girato da Tim Burton. Il genio di Burbank sarà all'altezza?
Il misterioso Willy Wonka (Gene Wilder) è il proprietario di una fabbrica di cioccolato che lancia un concorso dove 5 fortunati bambini potranno entrare nella sua fabbrica per scoprirne i segreti. Tra i vincitori è il piccolo Charlie, bambino la cui vita è stata avara di opportunità che sogna di conoscere i suoi segreti.

Ecco il link di Ho voglia di cinema: http://hovogliadicinema.blogspot.it/2013/12/originale-vs-remake-la-fabbrica-di.html?m=1

 
 
 


Titolo: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato
Titolo originale: Willy Wonka & The Chocolate Factory
USA, 1971
Cast: Gene Wilder, Peter Ostrum, Jack Albertson.
Sceneggiatura: Roald Dhal, David Setzer.
Regia: Mel Stuart
Durata: 99'
 
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato tratto dal romanzo di Roald Dhal, è una favola musicale che in realtà nasconde tematiche adulte è una critica sulla società votata al consumismo, e sulla nuova generazione di bambini viziati che hanno tutto senza davvero meritarselo. Eccezione che conferma la regola è il piccolo Charlie Bucklett, bambino di umile estrazione sociale così diverso dai suoi compagni di scuola, ma capace di avere slanci di generosità verso la sua famiglia, composta dalla madre e dai quattro nonni.
Charlie vorrebbe essere come gli altri bambini, che dopo la scuola corrono al negozio di dolciumi per comprare e gustare una barretta di cioccolata Wonka, il cui creatore è un genio che vive rinchiuso nella sua fabbrica geloso dei suoi segreti.
L'opportunità di riscatto per Charlie è trovare un biglietto dorato in una tavoletta Wonka, curioso concorso dove 5 fortunati bambini provenienti da tutto il mondo possono entrare per un solo giorno nella sua favolosa fabbrica e scoprire come riesce a creare queste delizie.
Il concorso scatena una corsa sfrenata all'acquisto di cioccolata, riempendo i carrelli della spesa, e addirittura arrivando a vendere l'ultima cassa di cioccolato ad un'asta.
Tutti vorrebbero entrare nel magico mondo di Willy Wonka, ma solo 5 bambini riescono nell'intento: Augustus Gloop, bimbo dalla spiccata voracità alimentare, la viziata Veru(s)ca Salt, la masticatrice di chewingum Violet, il piccolo teledipendente Mike Tavee e Charlie.
I bambini eccetto Charlie, rappresentano ciò che non funziona nella nuova generazione: Augustus pensa solo al cibo, arrivando a mangiarne più del necessario. Veruca è viziata, prepotente e tiranneggia il padre di cui succube della terribile figlia. Per volere della figlia, Mr. Salt accetta di fermare la produzione di noccioline, schiavizzando le sue lavoratrici affinché trovino il biglietto di dorato tra migliaia di barrette scartate al minuto. 
Violet invece tratta a pesci in faccia il padre, mentre il piccolo Mike è teledipendente e la sua vita vive in funzione della televisione. I loro genitori non sono da meno, incapaci di tenere testa ai figli, permettendogli qualsiasi cosa (come la madre di Mike, che orgogliosa ai giornalisti dice di non aver mai pranzato con il figlio perché mangia solo davanti alla TV).
L'unico ad avere ancora dei sani principi e una buona educazione è Charlie, bimbo dalla bontà e altruismo innato. Ma Charlie è povero. Charlie infatti non può permettersi la televisione, non può ottenere tutto quello che vuole, mangia solo zuppa di cavolfiore e può solo guardare dalla finestra i bambini che si ingozzano di caramelle e cioccolata.
Charlie non ha beni materiali, ma ha una famiglia che lo riempe di affetto e amore, soprattutto da nonno Joe, figura paterna sostitutiva.
E per la famiglia Charlie si sacrifica, ma sogna anche lui di entrare nella fabbrica di Willy Wonka. Per Charlie il concorso è un riscatto dal benessere negato, e alla fine la ruota gira anche per lui.
Ma chi è Willy Wonka? E' il solitario genio che ha creato delizie in compagnia degli Umpa Lumpa, simpatici ometti arancioni che lo aiutano nel suo lavoro.
Il viaggio alla scoperta dei suoi segreti è anche il pretesto per Wonka di punire i piccoli "mostri" vittima di una società votata ogni giorno di più verso il consumismo sfrenato e inutile. E con un sottile velo di sadismo, Willy Wonka punisce i bambini cattivi con l'aiuto degli Umpa Lumpa, dopo averli inebriati dalla golosità di alberi con gli orsetti gommosi e fiori caramellati: ecco che Augustus viene punito per la sua ingordigia cadendo nel fiume di cioccolata. Violet paga pegno per non aver ascoltato il parere di un adulto e diventa una gigantesca torta alle more. Veruca viene bollata come "uovo cattivo" e buttata nella spazzatura, mentre il piccolo Mike finisce letteralmente in una televisione, risucchiato nel suo mondo catodico.
Rimane solo Charlie, ma ha infranto anche lui le regole e con uno scatto d'ira Willy Wonka gli nega la vittoria di una fornitura a vita di cioccolata.
Fortunatamene il lieto fine è dietro l'angolo, e Wonka finalmente trova un bambino buono in mezzo a tanti "malvagi", regalandogli il riscatto sociale e i segreti che hanno fatto la sua fortuna.
Che fine hanno fatto Veruca e compagni? Tutto a posto, torneranno alle loro meschine e insignificanti vite.
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è un musical per bambini, ma visto da un adulto ha un non so che di inquietante, soprattutto nella figura di Willy Wonka (interpretato da un ottimo Gene Wilder) genio della pasticceria ma anche sadico fustigatore di bambini viziati, che regala loro leccornie, ma anche un viaggio del terrore fatto di tunnel che materializzano i loro incubi e molte insidie insite nella fantasmagorica fabbrica.
Il film sotto la "dolcezza" della cioccolata, dei colori sgarcianti della fabbrica, nasconde una critica alla società dell'epoca (siamo negli anni Settanta) che antepone il consumismo ai valori della famiglia. Willy Wonka è un film all'apparenza dolce come un candito, ma cattivo come una carie ai denti.
 
Voto: 7
 
P.S. Willy Wonka ormai è diventato un cult movie e un feticccio per ogni bambino degli anni Ottanta vagamente masochista che lo guarda imperterrito ad ogni visione natalizia alla televisione. Persino il social network Facebook ha creato un meme con il mitico pasticciere che mostra tutto il suo sarcasmoe accondiscendenza, pronto a punire ancora oggi chi è cattivello:
 
 
 
 
 

giovedì 26 dicembre 2013

CULT MOVIE: Una poltrona per due

Titolo: Una poltrona per due
Titolo originale: Trading Places
USA, 1983
Cast: Dan Aykroyd, Eddie Murphy, Ralph Bellamy, Don Ameche.
Sceneggiatura: Timothy Harris, Herschel Weingrod.
Regia: John Landis.
Durata: 113'
Louis Winthorpe III è un broker che lavora per la prestigiosa società Duke and Duke, creata dai fratelli Randolph (Ralph Bellamy) e Mortimer (Don Ameche), e ha una vita agiata, mentre Billy Ray Valentine (Eddie Murphy) invece è un barbone che chiede l'elemosina fingendo di essere cieco e di aver perso le gambe in Vietnam. Beccato dalla polizia, Billie Ray scappa e si scontra con Louis, che lo scambia per un ladro e lo fa arrestare.
I fratelli Duke assistono alla scena e decidono di compiere un esperimento tanto geniale quanto crudele: scommettendo un solo dollaro, riescono a far diventare un uomo ricco e onesto Billie, mentre Louis finisce in povertà e sull'orlo della criminalità. Louis viene aiutato dalla prostituta Ofelia (Jamie Lee Curtis), e insieme a  Billy Ray si vendicherà dei Duke.
John Landis prende di mira il capitalismo made in USA con questa commedia delirante modellata sulla fiaba de Il principe e il povero
A partire dai primi minuti sulle note de Le nozze di Figaro (orchestrate dal grande Elmer Bernstein), Landis mostra la città di Philadelphia con le sue belle case, l'alta borghesia, le banche, le sue imponenti statue, messe in contrapposizione con la povertà dei quartieri e i miseri spazi dove i giovani possono giocare a basket, due facce speculari della stessa città. Così come due vite agli antipodi sono quelle del ricco Louis Winthorpe III e del povero Billy Ray Valentine.
Ma cosa fareste se ogni vostra certezza crollasse da un giorno all'altro per mano di coloro che cambiano volutamente il vostro destino?
I fratelli Duke, uomini tanto ricchi quanto avari decidono di scommettere in nome della "scienza", per scoprire se è vero se si è predisposti geneticamente a delinquere in un contesto sociale degradato e contemporaneamente, e se altrettanto veritiero se si ha una predisposizione ad avere successo vivendo in un contesto altolocato.
Louise Winthorpe III è un giovane spocchioso dal nome imponenete, laureato ad Harvard, tratta con sufficienza tutti, compreso il suo maggiordomo Coleman (Delhmon Elliot), che più che servirlo sembra farle da seconda madre vestendolo, nutrendolo e facendogli la barba.
Tutta la sua vita è già stabilita: laurea, eccellente posizione in una delle più grandi società finanziarie, e sta per sposarsi con la nipote dei Duke (anche se non disdegna le attenzioni di un amico del club).
Billy Ray Valentine invece passa le giornate a chiedere l'elemosina spacciadosi per un ex reduce del Vietnam che lo ha privato della vista e delle gambe, ha debiti al bar ed è sempre in mezzo ai guai con la polizia.
Una volta scelti i soggetti, entra in gioco il potere del denaro, capace di cambiare le vite delle persone ma anche di corrompere per rovinare le vite altrui. grazie al denaro viene corrotto Coleman, che già compativa Louis, così come viene corrotta la polizia che infanga la fedina penale di Louis con l'accusa di spaccio di polvere d'angelo.
E 100 dollari fanno comodo a Ofelia  (Jamie Lee Curtis), che per quella cifra finge di essere una sbandata a che vuole la droga dal malconcio Louis, facendo rompere il fidanzamento con Penelope.
Louis una volta uscito dalla prigione cerca di riabilitarsi, ma ritrovatosi senza soldi, con un occhio nero e con un vestito che ricorda quello di un pappone, scopre sulla propria pelle il disprezzo dell'upper class di cui faceva parte neanche qualche giorno prima. Così come scopre di aver vissuto in un contesto falso e ipocrita: i suoi amici non sono poi così amici, ma sono solo degli  snob arroganti, e la sua ex fidanzata ha trovato un pretesto per lasciarlo per il suo "migliore" amico.
L'unico in cui crede alla sua innocenza e gli offre il proprio aiuto è invece Ofelia, squillo dal cuore d'oro.
Cosa succede invece alla vita di Billy Ray? Si ritrova ripulito da capo a piedi (ma i suoi vestiti vengono portati in lavanderia per il suo ritorno alla strada), ha una bella casa, un favoloso conto in banca e anche un maggiordomo. Se inizialmente Billy Ray pensa che sia una presa in giro, nel giro di poco tempo gli amici che frequentava non li sopporta più considerandoli dei buzzurri che spengono le sigarette sul tappeto persiano, e sfodera una certa capacità negli affari grazie a intuizioni e fiuto per gli affari, diventando un ottimo broker anche senza la laurea in una Ivy league.
I fratelli Duke non hanno remore nel manipolare le vite altrui per un capriccio antropologico-scientifico, e vincono la scommessa facendo arrivare Louis quasi a delinquere, diventando un esilarante babbo Natale ubriaco che mangia il salmone rubato su un autobus, arrivando quasi a farla finita. Ma Billy Ray scopre l'inganno e si allea con Louis, Ofelia e Coleman ripagando con la stessa moneta i Duke & Duke. 
Il loro piano ovviamente è squinternato, creando un demenziale quartetto composto da un prete scozzese, una svedese, un giamaicano e uno studente con borsa di studio che viene dal Camerun. E il Lieto fine è dietro l'angolo, il capitalismo viene schiacciato e il relax su un'isola tropicale è assicurato.
Una poltrona per due è uno spassoso film che critica con feroce sarcasmo l'era reganiana e il mondo del capitalismo, dove i ricchi disprezzano i poveri e i poveri deridono i ricchi (una su tutte le smorfie di derisione mal celate da Coleman a Louis, e il maggiordomo dei Duke che li manda a quel paese dopo aver ricevuto la gratifica di 5 miseri dollari).
Il tutto viene condito con uno squisito senso della demenzialità dove non viene neanche risparmiata Wall Street, rappresentata come la culla del Dio dollaro e dell nevrosi dei broker che danno di matto per fare quattrini.
La morale di fondo è che l'abito non fa il monaco, dove un candido completo da tennis nasconde meschinità e falsità e un abito succinto di una squillo invece nasconde altruismo (anche se prima è per affari, poi per amore) e soprattutto, nella vita non bisogna mai dare niente per scontato.
Louis diventa più umile, e Billy Ray più onesto. L'esperimento dei Duke è riuscito, così come è riuscita questa commedia sarcastica e divertente, che verso il finale parte a briglia sciolta sulle corde della demenzialità tanto cara a Landis.
Diretto con tempi comici perfetti e un cast di attori eccellenti, con il trio Aykroyd-Murphy-Curtis e con le vecchie glorie del cinema Ralph Bellamy e Don Ameche,  Una poltrona per due è una satira che a 30 anni di distanza sa  ancora essere una satira corrosiva sul mito ormai un po' malconcio del capitalismo americano.
Voto: 8.5
A.M.

mercoledì 25 dicembre 2013

SPOT REVIEW: Pupa Natale - Chi ti ama ti Pupa


Titolo: Pupa Natale - Chi ti ama ti Pupa
Testimonial: Nora Mogalle per Pupa Make Up Milano
Regia: Luca Tomassini.
Durata: 1'30''

Si accendono le luci, inzia lo show. In un palco che sa di burlesque, ballerine dalle pose plastiche ancheggiano sinuosamente. Le luci illuminano la ballerina di punta (Nora Mogalle), vestita di rosso che intona Jingle Bells. Cambia lo scenario: in un ambiente bianco come il latte, la bionda ballerina è circondata da aitanti giovani che le regalano delle trousse per il make-up e delle creme.
La fanciulla di bianco vestita è felice e si lascia coccolare dai suoi spasimanti e soprattutto dai suoi splendidi regali, mentre fiocchi di neve scendono soavemente. Ritorna prepotentemente sul palco e le ballerine si scatenano in un ballo sensuale. Poi la fanciulla decide di tornare dai suoi cavalieri per farsi regalare profumi e altri cosmetici, lasciandosi inebriare dalle fragranze in un letto di rose. Ritorna sul palco e conclude il balletto, come una vera star del Moulin Rouge e alla fine esclama "chi ti ama ti Pupa!".
Pupa Milano Make up confeziona uno spot natalizio scintillante, curato dal ballerino e coreografo Luca Tomassini. La protagonista è Nora Mogalle, star del Moulin Rouge, che regala un tocco di burlesque per uno spot dinamico, spettacolare, da vera diva del palcoscenico.
Il regista alterna sapientemente la dinamicità dello spettacolo con momenti soavi, con la protagonista che si lascia viziare e coccolare dalle trousse, i profumi e le creme della linea Pupa.
Chi ti ama ti Pupa: un piccolo consiglio per i ragazzi che vogliono far felici le proprie compagne, amiche e sorelle per creare dei magnifici regali. Buon Natale!




lunedì 23 dicembre 2013

RECENSIONE: Draquila - L'Italia che trema

L'insostenibile fascino di una recensione retrò
 
 
 
 
 
Titolo: Draquila - L'Italia che trema.
Italia, 2010
Cast: Sabina Guzzanti.
Sceneggiatura: Sabina Guzzanti.
Durata: 98'

 
Benvenuti nella dittatura della m**da. Location: l'Aquila. Cast: Silvio Berlusconi, Guido Bertolaso, gli aquilani. Special guest stars: il terremoto e le macerie.
Questo è il ritratto che ne esce dal docu-film di Sabina Guzzanti.
Il film si apre con la piazza devastata dal terremoto avvenuto nell'aprile del 2009, tra le macerie e le case disabitate. Nell'ombra di una città fantasma, Guzzanti svela i retroscena della "ricorstruzione" della città post-terremoto.
Sabina Guzzanti sgancia subito le sue bombe, ribadendo la ridicolaggine di una classe politica fatta di faccendieri che raccontano al popolo italiano solo barzellette, rendendola ulteriormente (e volutamente) ebete vestendo i panni del (ex) presidente del  Consiglio Silvio Berlusconi e giunge all'Aquila per un bagno di folla. Ma le risate durano poco.
Utilizzando inizialmente le tecniche narrative e lo stile dei documentari di Michael Moore, la regista focalizza la sua critica cinica sullo sfruttamento di una tragedia per riparare a un danno d'immagine dovuta a un'estate infausta fatta di escort, ragazzine, veline e (presunte) parlamentari.
In un crescendo di inquietudine, la regista vira verso il giornalismo d'inchiesta e indaga svelando che c'è del marcio nella protezione civile. Quello che non dicono i telegiornali è che con una "leggina" si concede il benestare per costruire selvaggiamente.
Ed ecco che Sabina Guzzanti fa un colpo di scena e fa entrare in gioco un progetto ambizioso: la Protezione Civile S.P.A diretta da Guido Bertolaso, per il progetto di una new town, una sorta di prova generale per la dittatura della m**da, come afferma la caustica  e sarcastica regista.
Come in un film horror, Guzzanti mostra come una popolazione venga sradicata dalla sua casa con l'ausilio dei militari. Guzzanti in questo modo passa da un registro semi comico a un registro serio dai toni drammatici, strizzando l'occhio ai programmi di inchiesta, e non mancano le critiche all'opposizione, praticamente trasparente e inesistente, così come è inesistente la cronaca dei telegiornali, che mostrano solo una parte della reale informazione (già ampiamente dimostrato in Viva Zapatero!).
 Alla fine del film un senso di sgomento e inquietudine perdura. Come le macerie nella piazza aquilana. Sabina Guzzanti ha terminato la sua battaglia navale centrando il suo obiettivo: Silvio Berlusconi colpito e affondato (almeno al cinema).
Un po' come faceva Michael Moore contro George W. Bush, anche se il filmaker americano usava più ironia nel prendere di mira e sbeffeggiare la sua "vittima".
Draquila è un documento-dossier, quasi una puntata allungata di Report e Annozero che fa riflettere, ma che inquieta come un film dell'orrore sui vampiri.

Voto: 7

A.ML

domenica 22 dicembre 2013

FILMOGRAFIA: Samantha Morton





NOME: Samantha Morton
DATA DI NASCITA: 1977
LUOGO DI NASCITA: Nottingham, Inghilterra, Gran Bretagna
PROFESSIONE: Attrice








ATTRICE:

(2012) Cosmopolis - Vija Kinsky
(2009) Oltre le regole - The Messenger - Olivia Pitterson
(2008) Synecdoche, New York - Hazel
(2007) Control - Deborah Curtis
(2007) Elizabeth the golden age - Mary - Queen of Scots
(2004) The libertine - Elizabeth Barry
(2004) L'amore fatale - Claire
(2003) Code 46 - Maria
(2002) Max and Ruby (Serie Animata) - Ruby (voce)
(2002) In America - Sarah
(2002) Minority Report -
(2002) Morvern Callar - Morvern Callar
(2001) Eden - Sam
(2000) Pandaemonium - Sara Coleridge
(1999) The Last Yellow - Jackie
(1999) Una passione spezzata - Eva Babbins
(1999) Jesus' Son - Michelle
(1999) Accordi e disaccordi - Hattie
(1998) This Is the Sea - Hazel Stokesr
(1997) Emma (Mini Serie TV) - Harriet Smith
(1997) The history of Tom Jones, a foundling (Mini Serie TV) - Sophia Western
(1997) Under the Skin - A Fior di Pelle - Iris
(1997) Jane Eyre (Film Tv) - Jane Eyre
(1996) The Future Lasts a Long Time - May


mercoledì 18 dicembre 2013

STEVEN SPIELBERG DAY: 1941 - Allarme a Hollywood

La Amblin Blogger Entertament questo mese celebra un grande regista che ha regalto tanti sogni e film diventando uno dei più potenti filmaker americani: Steven Spielber.
Diventato celebre negli anni Settanta con capolavori come Duel e Lo squalo, ha suscitato emozioni con le avventure di Indiana Jones, ha emozionato una generazione di bambini con E.T., ha resuscitato i dinosauri con Jurassick Park e ha "scritto" pagine di storia con Lincoln.
Director's cult sceglie per l'occasione una delle sue (poche) commedie, 1941-Allarme a Hollywood.
 
 
 
Buon Steven Spielberg Day!
 
 
 
 
 
 
Titolo: 1941 - Allarme a Hollywood
Titolo originale: 1941
USA, 1979
Cast: Toshiro Mifune, Christopher Lee, Lionel Stander, Robert Stack, Nancy Allen, John Belushi, Dan Aykroyd, John Candy.
Sceneggiatura: Robert Zemeckis.
Regia: Steven Spielberg.
Durata: 131' (Director's Cut Version)

 

Il 7 dicembre del 1941 l'America entra in guerra dopo l'attacco a sorpresa sferrrato dai giapponesi a Pearl Harbour. Il commodoro Akira Mitamura (Toshiro Mifune) si è perso "l'evento" e così con la collaborazione di un gerarca nazista,  Wolfgang von Kleinschmidt (Cristopher Lee) decide di colpire al cuore degli USA: Hollywood. Ciò scatena il panico nella mecca del cinema, con un susseguirsi di avvenimenti tra lavapiatti ballerini, una giornalista assatanata di aerei e un plotone di svitati pronti a mettere la città a ferro e fuoco pur di proteggerla, arrivando a fare più danni dei giapponesi nemici.
Steven Spielberg si cimenta per la prima volta nella commedia, e si affida alla sceneggiatura Robert Zemeckis per confezionare una farsa sul mondo militare prendendo in giro tutto e tutti, compreso lui stesso.
Infatti all'inizio vediamo una bionda ragazza avvolta nella nebbia che si fa il bagno nel mare, e all'improvviso si sente la musica de Lo squalo: la ragazza è in pericolo! Ma quale squalo, la bionda finisce su un sottomarino giapponese che pensa di aver pescato Hollywood, e invece ha accalappiato una donna nuda.
Ma cosa vogliono i giapponesi dopo l'attacco di Pearl Harbour? Vogliono destabilizzare ulteriormente l'America e cosa c'è di meglio di prendere di mira Hollywood e distruggerla?
Figlio dei Movie Brats, Spielberg insieme ai suoi "fratelli" Francis Ford Coppola, George Lucas, Michael Cimino e tanti altri (che salvarono le grandi major come la United Artist dal fallimento), negli anni Settanta ebbero un rapporto di amore e odio con Hollywood, cercando un loro spazio di pura creatività reinventando il cinema americano.
Una favola che purtroppo già verso la fine degli anni Settanta stava per scoppiare come una bolla di sapone per ritornare allo scopo originario delle case di produzione: fare quattrini .
E allora Spielberg saluta il decennio di creatività e originalità e perché no, distrugge Hollywood per dare inizio a una nuova era cinematografica!
Per attuare il suo "piano" Spielberg si affida a un gruppo di sciroccati abitanti, a cominciare dall'aspirante ballerino Wally (Bobby Di Cicco), che sogna di ballare all'USO (United Service Organisation Inc.) con la sua fidanzata Betty (Dianne Kay), cucinando uova a suon di passi di fox trot.
Wally ne combina di tutti i colori sia in cucina che in sala, arrivando a scontrarsi con un gruppo di militari capitanati da Frank Tree (Dan Aykroyd) e il collerico Strecht (Treat Williams), che mal tollera il giallo dell'uovo perché gli ricorda i giapponesi. Wally non serve la patria perché non vuole prendere ordini da nessuno, un po' come non volevano ordini dalle major Spielberg e soci.
Hollywood è in pericolo, i cittadini vivono attimi di paranoia, ma per fortuna che c'è l'aviazione, con il baldo Wild Bill Kelso (John Belushi) e compagni di ventura, pronti a sganciare le bombe per salvare il paese. Peccato che il capitano Loomis (Tim Matheson) preferisca correrere dietro la gonna di Donna (Nancy Allen) che ama "farlo strano" sui B-17 in volo. Fate l'amore, non la guerra!
E allora affidiamoci al cittadino americano doc, colui che farebbe di tutto per proteggere la propria casa, e chi meglio del padre di Betty (Ned Beatty) può farlo, arrivando ad accettare di farsi piazzare un carro armato in giardino? Così spera anche di far rodere dall'invidia il suo vicino Angelo Scioli (Lionel Stander), che nel frattempo manda i suoi amici sulla ruota panoramica per fare da vedetta. Pff... Possiamo tirare un sospiro di sollievo, siamo salvi, Hollywood è armata fino ai denti. E sopratutto non facciamoci prendere dal panico.
Calma, calma, ci pensa il generale Stiwell (Robert Stack) a mantenere la calma con discorsi rassicuranti, peccato che proprio quando il suo discorso sembra che funzioni, caschi al momento opportuno una bomba per colpa di Loomis, che esplode facendo scatenare ulteriormente il panico tra la popolazione.
Il generale pensa di avere tutto sotto controllo, tanto che non si rende conto nemmeno del caos scatenato a Hollywood Boulevard, talmente preso dalla visione di Dumbo. Cosa c'è di più rassicurante di un elefantino capace di volare con le proprie orecchie? Quanti allarmismi, Hollywood è al sicuro. Più o meno...
E mentre i giapponesi sono convinti di aver accalappiato Hollywood prendendo in ostaggio Hollis Wood (Slim Pickens) sperando di avere anche delle coordinate per arrivare dritto alla meta, ci pensano i suoi cittadini a distruggere la mecca dorata.
In una folle notte tra aviatori folli, aerei amici scambiati per nemici, e una girandola di distruzione partita da una rissa all'USO tra Bobby e Strecth, come il gioco del domino si scatena una valanga di danni, arrivando a distruggere loro stessi la tanto amata Hollywood che volevano difendere strenuamente.
I giapponesi non muovono un dito, hanno fatto loro tutto da soli, e soddisfatti se ne ritornato a casa dopo aver buttato in mare il generale nazista.
Speriamo che il 1942 sia un anno migliore per la guerra!
1941-Allarme a Hollywood è una scatenata farsa in salsa slapstick che sgancia una serie di gag per ridicolizzare la follia della guerra, prendendo in giro l'esercito americano ritraendolo come un plotone di incapaci, arrivando a deridere anche lo spiccato patriottismo made in USA. Non risparmia neanche la famiglia, con il padre di Betty che consiglia alla figlia di concedersi ai soldati la notte del ballo, e arriva anche a distruggere la casa pensando invece di atttaccare i giapponesi, tutto in nome degli USA.
1941-Allarme a Hollywood è un affettuoso e altrettanto sciroccato omaggio alle commedie di Mack Sennet e allo stile "buccia di banana", il tutto girato alla perfezione da Spielberg, che confeziona una coreografia dai tempi perfetti di gag a ripetizione e auto citazioni (da Lo squalo a Duel nella scena in cui Wild Bill Kelso arriva alla stazione di servizio per farsi fare il pieno all'aereoplano).
Punito dal botteghino americano, fu il primo flop della carriera di Spieberg, ma anche il più geniale e divertente. Con un cast stellare che va da grandi attori del passato da Toshiro Mifune, Robert Stack a  Cristopher Lee e nuove leve come Dan Aykroyd, John Belushi, John Candy e Treat Williams, 1941-Allarme a Hollywood è un film farsesco e demenziale, che prende in giro la mecca del cinema mostrandola vulnerabile e strampalata allo stesso tempo.
E se Spielberg negli anni successivi sarà più "mansueto" nei confronti di Hollywood, arrivando a confezionare film ad alto tasso di patriottismo come Salvate il soldato Ryan e War Horse, con questo film da un monito alle case di produzione, come se volesse dire: "in questo decennio l'abbiamo reinventata noi Hollywood, ma se ci fate arrabbiare, la possiamo anche distruggere".
E grazie a Dio esiste Hollywood, che probabilmente, durante gli anni della guerra, ha regalato momenti di serenità grazie alla magia del cinema, la cui forza è indistruttibile anche sotto i bombardamenti.
 
Voto: 7,5
A.M.
 
Hanno collaborato:


Buon SSD!

lunedì 16 dicembre 2013

LA RUBRICA DEGLI ADDII: Addio a Joan Fontaine




Un'altra stella si è spenta nel firmamento di Hollywood: ieri è venuta a mancare per cause naturali Joan Fontaine. Aveva 96 anni.
Joan de Beavoir de Havilland, questo il suo vero nome, nacque a Tokyo il 22 ottobre del 1917. 
Si trasferì in America da bambina, in seguito alla separazione dei genitori, anche se all'età di 15 anni decise di raggiungere il padre in Giappone dove visse per due anni. 
Decisa a voler entrare nel mondo dello spettacolo, dovette cambiare il proprio cognome perché la a madre era in disaccordo, così l'aspirante attrice usò il cognome d'arte Fontaine.
Esordì nel mondo del cinema nel 1935, dopo aver studiato recitazione con Max Reinhardt, facendo il suo esordio nella pellicola Call it A Day, mostrando già un talento naturale per ruoli di donna fragile e insicura. Dopo l'esordio, venne scritturata dalla RKO, ma dopo l'ottimo esordio, conseguì una serie di flop cinematografici, tra cui Una magnifica avventura (1937) a fianco di Fred Astaire e una serie di ruoli in cui recitava la parte dell'ereditiera eccentrica, come in Gunga Din di Roger Stevenson e Donne (1940) di George Cukor, al fianco di Joan Crawford e Norma Shaer. 
Questi ruoli non le consentirono di ottenere la celebrità sperata, tale che la RKO decise di non rinnovarle il contratto. Fortunatamente per lei arrivò una festa, l'incontro con il produttore David O'Selznick (lo stesso di Via col vento in cui recitò la sorella maggiore Olivia de Havilland) che le diede il ruolo da protagonista in Rebecca (1940), diretto da Alfred Hitchcock. 





Joan Fontaine dimenticò i ruoli eccentrici per diventare una donna anonima che vive con l'incubo del fantasma di Rebecca, la prima moglie di Max De Winter. E divenne una diva.
Nel 1940 ottenne la sua prima nomination agli Oscar, ma dovette aspettare l'anno successivgo grazie a Il sospetto (1941), nel ruolo di una donna ricca che sposa un fascinoso fannullone (Cary Grant) divorata dal dubbio che voglia ucciderla per il suo patrimonio. 
Joan Fontaine finì per battere la sorella Olivia, anche lei nominata per La porta d'oro, arrivando a un'accesa rivalità tra lei e la sorella, che esordì al cinema per prima e ottenne successo nel 1939 nel ruolo della dolce Melania in Via col vento
Alla cerimonia degli Oscar Joan Fontaine in colpa per averle sottratto la statuetta, evitò la sorella che volle farle le congratulazioni, arrivando a non parlarsi fino al 1975, anno della morte della loro madre. Successivamente troncarono ogni rapporto.
Successivamente recitò in Sono un disertore di Anatole Litvak (1943) e Il fiore che non colsi dello stesso anno, che le regalò una terza nomination. 
Lavorò poi con il regista Orson Welles, nei panni di attore questa volta, in La porta proibita, versione cinematografica di Jane Eyer, dove lei interpreta la protagonista e lui il burbero Rochester.
Nel 1948 fu protagonista dello struggente melò di Lettera da una sconosciuta (1948), dove interpreta una ragazza di modeste origini che ha una sola notte d'amore con un famoso pianista, interpretato dal tormentato Louis Jourdan.
Con gli anni Cinquanta iniziò il suo declino, raggiungendo comunque un buon successo a Brodaway in pièce come Te e simpatia, mentre al cinema fu diretta da Nicholas Ray ne La seduttrice (1950) ed ebbe un ruolo non accretitato ne Otello diretto da Orson Welles (1952).
Nel 1953 fu diretta da Ida Lupino ne La grande nebbia, nel ruolo di una donna sposato a un uomo che ha un'altra famiglia. 
Decise di lasciare il cinema con l'horror Creatura del diavolo (1966) che co-produsse, per poi approdare alla TV, ottenendo una candidatura agli Emmy con la soap opera Ryan's Hope.
Sulla competizione con la sorella Olivia una volta disse: mi sono sposata prima di lei, ho vinto un Oscar prima che Olivia l'abbia vinto e se dovessi morire per prima, sicuramente lei sarebbe livida dalla rabbia perché l'ho battuta" .
E anche questa volta hai vinto.

domenica 15 dicembre 2013

LA RUBRICA DEGLI ADDII: Addio a Peter O'Toole

 
 
L'attore irlandese Peter O'Toole è morto ieri all'età di 81 anni. Era malato da tempo.
Nato a Connemara in Irlanda il 2 agosto del 1932, crebbe a Leeds, in Gran Bretagna, dove iniziò la sua carriera nel mondo della recitazione in un teatro locale. Nel 1949 vinse una borsa di studio per la Royal Academy of Dramatic Art, diventando compagno di studi di Albert Finney e Richard Burton. Nel 1955 entrò nella compagnia dell'Old Vic di Bristol, dove recitò un vasto repertorio Shakesperiano.
Successivamente debuttò al cinema nel 1960 con Il ragazzo rapito di Robert Stevenson, ma diventò una star internazionale grazie a Lawrence D'Arabia (ruolo che rifiutò Albert Finney) di David Lean, conquistando un posto al sole nella storia della settima arte nel 1962. Nomination all'Oscar, la prima di ben otto senza riuscire a vincere la statuetta e carriera in ascesa: successivamente girò Beckett e il suo re (seconda nomination), mentre nel 1965 girò Lord Jim (1965). 
Non disdegnò la commedia: nel 1965 recitò con un Woody Allen agli esordi e con il sornione Peter Sellers in  Ciao Pussycat, nei panni di un giornalista di moda attorniato da bellissime donne. E con una bellissima donna, Audrey Hepburn, recita la parte di un ladro gentiluomo in Come rubare un milione di dollari e vivere felici (1966) di William Wyler.
La terza statuetta arrivò con Il leone d'inverno, altro film di taglio storico insieme all'icona Katherine Hepburn (che omaggiò chiamando la sua primogenita Kate), mentre la quarta giunse con il musical Goodbye Mr. Chips di Herbert Ross, nei panni di un professore in procinto di andare in pensione.
La nomination numero cinque arrivò con La classe dirigente (1972), nei panni di uno squinternato erede della camera dei Lords che si crede Gesù.
Durante anni Settanta O'Toole passò un periodo difficile nella sfera privata: i problemi di alcol, un tumore allo stomaco e il divorzio dalla prima moglie nel 1979, ma ciò non fermò la sua carriera, recitando per Otto Preminger in Operazione Rosebud (1975), Foxtrot (1976) e Caligola diretto dall'italiano Tinto Brass nel 1979.
Nel 1980 arriva la sesta nomination agli Oscar con Professione pericolo, nel ruolo di un reduce dle Vietnam (nella vita privata fu attivista contro la guerra) che per sfuggire alla polizia è costretto a unirsi a una troupe cinematografica dove viene impiegato come stuntman.
La nomination numero invece sette arrivò nel 1982 con L'ospite d'onore, ma neanche questa volta vinse l'agognata statuetta.
Film leggeri come Supergirl-la ragazza d'acciao (1984) e la commedia romantica Doctor Creator-specialista in miracoli, nel ruolo di uno scienziato premio Nobel che spera di far rivivere la moglie clonandola, e con la commedia fantastica High Spirits-fantasmi da legare, nel ruolo il direttore di un hotel infestato dai fanasmi; per poi ritornare al cinema d'autore con L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci (1988).
Ancora un po' di cinema italiano grazie a Lina Wertmuller, che lo dirige in In una notte di chiaro di luna con Rutger Hauer, film sulla tematica all'epoca tabù dell'AIDS.
Durante gli anni Novanta fu meno attivo sulla scena: tra i film più famosi Sua maestà viene da Las Vegas, dove è il segretario del re che cerca di educare alle buone maniere un becero John Goodman aspirante al trono di Inghilterra e Favole (1997), film sulle fate dove interpreta il ruolo di Arthur Conan Dyle.
Nel 2003 l'Academy tentò di riparare all'errore di non averlo premiato dopo ben sette nomination con un premio alla carriera, e inizialmente O'Toole non volle ritirare il premio, volendo anche scrivere una lettera che affermava la sua voglia di recitare ancora e vedendo il premio  un semplice "contentino". Convinto dai figli, ritirò il premio dalle mani di Meryl Streep, altra icona del cinema.
E infatti la sua carriera non finì: l'ultima nomination, la numero otto, arrivò con Venus di Roger Michell, nel ruolo di un attore alle prese con una teenager problematica.
Nel 2007 gira Stardust, con la "stella cadente" Claire Danes, mentre nel 2012 decide di ritirarsi dalle, causa fine di una relazione durata cinquant'anni con il cinema, che gli regalò fama, gloria e regalò al pubblico meravigliosi film e prove d'attore memorabili.
E un'altro pezzo di cinema se n'è andato.
 
 

sabato 14 dicembre 2013

MUSIC REVIEW: All the Lovers - Kylie Minogue




Titolo: All the Lovers
Cantante: Kylie Minogue
Regia: Joseph Khan

Durata: 3'35''

Una città metropolitana riecheggia la fantastica New York. 
Un gruppo di ragazzi camminano per le strade interrompono le loro attività e a un tratto si spogliano e si baciano, lasciandosi guidare da una dea (Kylie Minogue), sprigionando l'amore che provano l'uno verso l'altro, creando un sentimento puro e universale. 
Questo è l'incipit del nuovo video di Kylie Minogue, All the Lovers. Kylie viene ritratta come una novella Afrodite, capace di creare una piramide umana di amanti, trascinandoli in un vortice di dolcezza e passione. 

Come la dea dell'amore, invita uomini e donne a lasciarsi andare a baci, abbracci ed effusioni, e Kylie è in cima, raccogliendo l'amore che si propaga. Voli di colombe e palloncini bianchi che si alzano in cielo completano il quadro sognante, mandando un messaggio di pace e armonia che proviene dalla dea Kylie.
Diretto da Joseph Kahn, All the Lovers è un video che trasmette  questi sentimenti attraverso una storyline semplice, supportata dalla bellezza di modelli da cover di moda che da un tocco patinato e glamour al video.
All The Lovers fa venire l'istinto di abbandonarsi tra le braccia i qualcuno, facendosi cullare dalla voce sensuale e suadente di Kylie Minogue.


domenica 8 dicembre 2013

LE USCITE DELLA SETTIMANA




Cosa c'è di meglio di un bel film al cinema? 
Questa settimana vede il ritorno di Woody Allen con Blue Jasmine, interpretato da Cate Blanchett. Jasmine (Blanchett) è una signora dell'Upper West Side che vede crollare il suo mondo dorato dopo aver scoperto che il marito (Alec Baldwin) è un truffatore. Dopo la fine del suo matrimonio e un esaurimento nervoso, Jasmine trova rifugio dalla sorella a San Francisco, cercando di mettere insieme i cocci della sua vita.
Ultimo (?) film di Steven Soderbergh con Dietro i candelabri, storia dello showmane Liberace (Michael Douglas) famosissimo sin dagli anni Cinquanta. Un giorno conosce Scott Thorson (Matt Damon) e s'innamora pazzamente, ma la relazione tra i due non sarà facile, soprattutto in tempi in cui l'outing era ancora un tabù.
Spike Lee torna con il remake di Old Boy di Park Chan - Wook. Joe Ducett (Josh Brolin) è un pubblicitario alcolizzato che un giorno viene rapito e rinchiuso in una stanza d'albergo per vent'anni con l'accusa di aver ucciso la moglie. Uscito dalla stanza viene ricattato dal suo aguzzino, che gli darà la libertà se riuscirà a risolvere l'enigma legato alla sua identità.
Una bella settimana, biglietti prego!

giovedì 5 dicembre 2013

CULT MOVIE: Wall Street






Titolo: Wall Street
USA, 1987
Cast: Michael Douglas, Charlie Sheen, Martin Sheen, Daryl Hanna, Terence Stamp, Sean Young.
Sceneggiatura: Oliver Stone, Stanley Weiser.
Regia: Oliver Stone.
Durata: 123'

Successo:"Il successo si condensa in pochi attimi". 
Così la pensa il giovane broker, tipico yuppie in carriera, dove la filosofia di vita si basa sul guadagno facile. 
Il denaro non dorme mai. Se non hai soldi, non conti nulla. Sei solo il signor nessuno.
Niente appartamento nell'Upper East Side, fondamentale per vivere nell'ambiente e farsi conoscere, niente quadri d'arte contemporanea comprati a 60.000$ e valutati il triplo, ovviamente consigliati dall'arredatrice/arrampicatrice rampante di turno, niente ristorante con la pietanza fuori menu al ristorante 21 Club di Manhattan.
Avidità: "Avidità? Cosa c'è di male... Dopo tutto, è solo una questione di soldi..." Questa è la summa dello squalo di Wall Street. L'avidità toglie il raziocinio, così succede al giovane yuppie, novello Icaro che sogna di volare e arrivare a toccare il sole.
Sacrificio. Indispensabile per l’operaio della compagnia aerea Blue Star, che non vede di buon occhio lo stile di vita del figlio.
Soldi, ricchezza, successo, questa è l'anima di Wall Street, analisi spietata del mondo della finanza.
Il regista Oliver Stone, figlio di un broker (a cui dedica il film) conosce bene l’ambiente fatto di magnati, yuppies, agenti di borsa, necessari per analizzare il capitalismo americano nei fulgidi e luccicanti anni Ottanta dell’era Reagan.
La pellicola di Stone racconta l’ascesa e caduta di Bud Fox (Charlie Sheen), giovane broker che tenta di farsi largo nella spietata giungla di Manhattan. Fox è giovane, ha fretta e non ha nessuna intenzione di fare la gavetta, finendo per entrare in conflitto con il padre (Martin Sheen), operaio in una compagnia aerea che pensa più al duro lavoro che ai soldi facili.
Bud però è impaziente, vuole emergere a tutti i costi e grazie al suo atteggiamento scaltro riesce a entrare nelle grazie di Gordon Gekko (Michael Douglas in stato di grazia, regala una strepitosa interpretazione premiata con l'Oscar). Gekko è una sorta di mentore per Bud e grazie a lui scala le vette dell'economia.
La vita di Bud cambia radicalmente: ha una relazione con la gallerista Derian (Daryl Hannah), vive in un lussoso loft a Manhattan e pensa di tenere il mondo sul palmo di una mano. Fox è inebriato dai guadagni facili, dal conto in banca che cresce a dismisura, dalla sua nuova eccitante vita. Ma si sa, Icaro si avvicinò troppo al sole e si bruciò le ali e così il giovane Bud capisce che Gekko il grande vuole solo guadagnare denaro e non gli interessa se lo fa calpestando chiunque.
Buoni contro cattivi, Stone all’apparenza non usa mezzi termini per caratterizzare i personaggi: Gekko è una carogna avida (e il vizio capitale ritorna prepotentemente) e Bud è la “giovane pecorella smarrita” che abbagliato dall’idolo d’oro finisce per cadere rovinosamente.
Tra Bud e Gekko chi dei due è veramente l'animo nobile e chi il malvagio? Gordon Gekko è l’uomo che si è fatto da solo, ha studiato in un college poco prestigioso e si è costruito un impero con le sue mani. Per arrivare al suo obiettivo ha capito che il buonismo e la buona volontà non servono, e in una società tipicamente “homo homini lupus” se non mangi, vieni mangiato.
Faccia tosta, disilvoltura nella scalata al successo, nessun sentimentalismo dove è lecito vendersi la propria madre pur di toccare l’apice del “bigger than life”. Gordon Gekko non è costretto ad essere spietato, adora esserlo, è ambiguo e mellifluo, ma ha capito che se uno si ammorbidisce, è finito.
Bud Fox non è certo un’anima pia, incarna il tipico cliché dello yuppismo dell’epoca, adora la sua nuova esistenza fatta di sfarzo, arte (non ci capisce nulla, ma diventa un collezionista perché il suo nuovo modo essere gli impone di vivere così) e si ravvede solo dopo aver quasi distrutto le persone che ama, e per salvarsi non ci pensa due volte a trascinare con sé nel baratro Gekko. I buoni vincono sui cattivi, ma è davvero così?
I confronti tra Bud e suo padre sono lo specchio di due generazioni che sono divenute distanti, come se vivessero in due mondi paralleli: Carl Fox ha insegnato al figlio il valore del duro lavoro e della possibilità di crearsi un futuro lavorando sodo, ma il suo modo di pensare mal si concilia con la frenesia dell’epoca.
La generazione di Bud è del “tutto è subito”, non c’è tempo di costruire, se non lo fai in fretta è come se non avessi fatto nulla. Il mondo gira in fretta e se perdi la tua occasione, difficilmente si ripresenterà. Nessuno ti tende una mano, se vuoi qualcosa devi prendertelo senza farti troppi complimenti. Bud ha capito lo squallore della sua esistenza troppo tardi, e non ci sono sconti nemmeno per lui.
Oliver Stone schiaccia l’acceleratore al massimo sul cinismo e ha una punta di misoginia nel rappresentare le donne: La bionda Derian (Daryl Hannah si aggiudicò un Razzie Award come peggior attrice) è una donna che ama un elevato tenore di vita e preferisce farsi usare da Gekko pur di mantenerlo, così come la moglie di Gekko (Sean Young)  incarna la tipica donna ricca o arricchita, svampita, vanesia che pensa ai cocktail party e fa crescere il figlio dalla tata. Forse il maschilismo di fondo è consono allo stile duro di Stone, che non risparmia niente a nessuno. Nemmeno al gentil sesso.
Wall Street è la radiografia del marcio che si nasconde dietro il magico sogno americano.

Voto: 8
A.M.


In collaborazione con I viaggi di Bedin Iris, se volete fare un viaggio a New York e andare a cena al famoso 21 Club di Manhattan, scoprite come fare:

mercoledì 4 dicembre 2013

STAR GOSSIP: Una rossa per Tom Cruise?



Si vocifera che Laura Prepon, la rossa (ora mora per esigenze di copione) star della serie TV Black Is The New Orange sia la nuova fiamma di Tom Cruise. 
Entrambi frequentatori della setta, ehm, pardon, chiesa di Scientology, i due si conoscono da un po', ma pare che solo ultimamente comincino a frequentarsi sul serio, e sempre a quanto pare Tom Cruise ha ritrovato il sorriso dopo il divorzio da Katie Holmes, rea di voler pensare con la propria testa.  Si sono frequentati solo un paio di volte, ma già si parla di fiori d'arancio e di programmazione di pargoli, ehm, pardon, di fare figli! 
Le premesse per un matrimonio riuscito ci sono tutte: è giovane, è bella,frequenta pure John Travolta (di cui Tom è amico di famiglia e di chiesa). è di Scientology. Almeno non dovrà manovrarla, fa già tutto da sola!
Se son rose fioriranno!

martedì 3 dicembre 2013

FILMOGRAFIA: John Woo





NOME: John Woo
ALL'ANAGRAFE: Yusen Wu
DATA DI NASCITA: 01/05/1946
LUOGO DI NASCITA: Guangzhou, China
PROFESSIONE: Regista, Sceneggiatore, produttore






REGISTA:


(2010) La congiura della pietra nera
(2008) La battaglia dei tre regni
(2005) All the invisible children
(2004) Land of Destiny
(2003) Paycheck
(2002) The Hire: Hostage
(2002) Windtalkers
(2000) Mission: Impossible II
(1998) Blackjack
(1997) Face/Off - Due facce di un assassino
(1996) Soluzione estrema
(1996) Nome in codice: Broken Arrow
(1993) Senza tregua
(1992) Lashou shentan
(1990) Zong heng si hai
(1990) Bullet in the Head
(1989) Tragic Heroes
(1989) The Killer
(1986) A Better Tomorrow
(1986) Ying xiong wei lei
(1986) The Sunset Warrior
(1985) Run Tiger Run
(1984) Xiao jiang
(1982) Ba cai Lin Ya Zhen
(1981) Hua ji shi dai
(1981) Mo deng tian shi
(1978) Ha luo, ye gui ren
(1978) Hao xia
(1978) Da sha xing yu xiao mei tou
(1977) Money Crazy
(1977) Qian zuo guai
(1976) Shaolin Men
(1975) Dinü hua
(1974) Fists of the Double K
(1974) The Dragon Tamers
(1974) The young dragons

SCENEGGIATORE:


(1992) Lashou shentan
(1990) Zong heng si hai
(1990) Bullet in the Head
(1989) The Killer
(1987) A Better Tomorrow II
(1986) A Better Tomorrow
(1986) The Sunset Warrior
(1984) Xiao jiang
(1982) Ba cai Lin Ya Zhen
(1981) Hua ji shi dai
(1981) Mo deng tian shi
(1978) Ha luo, ye gui ren
(1978) Hao xia
(1978) Da sha xing yu xiao mei tou
(1977) Money Crazy
(1977) Qian zuo guai
(1976) Shaolin Men
(1975) Dinü hua
(1974) Ninja Kids
(1974) The Dragon Tamers
(1968) Sijie

PRODUTTORE:


(2003) Paycheck - Produttore
(2003) Il monaco - Produttore
(2002) Red Skies (film tv) - Produttore esecutivo
(2002) Windtalkers - Produttore
(1998) Blackjack - Produttore esecutivo
(1998) Il grande colpo - Produttore esecutivo
(1998) Costretti ad uccidere - Produttore esecutivo
(1997) Once a Thief (serie tv) - Produttore esecutivo
(1996) Soluzione estrema - Produttore esecutivo
(1996) Somebody Up There Likes Me - Produttore
(1995) The Peace Hotel - Produttore
(1990) Bullet in the Head - Produttore
(1989) A Better Tomorrow III - Produttore
(1986) A Better Tomorrow - Produttore
(1986) The Sunset Warrior - Produttore
(1985) Run tiger run - Produttore
(1984) Xiao jiang - Produttore
(1978) Ha luo, ye gui ren - Co-produttore