lunedì 30 giugno 2014

FILMOGRAFIA: Nanni Moretti




NOME:
Nanni Moretti.
ALL'ANAGRAFE: Giovanni Moretti.
DATA DI NASCITA: 19/08/1953
LUOGO DI NASCITA: Brunico, Bolzano, Italia.
PROFESSIONE: Attore, Regista, Produttore, Sceneggiatore.


REGISTA:


(2010) Habemus Papam
(2006) Il caimano
(2003) Il Grido D'Angoscia Dell'Uccello Predatore - Tagli D'Aprile
(2002) The last customer - L'ultimo cliente
(2000) La stanza del figlio
(1998) Aprile
(1996) Giorno della prima di Close-Up
(1994) L'unico paese al mondo
(1994) Caro diario
(1989) La Cosa
(1989) Palombella rossa
(1985) La Messa è finita
(1983) Bianca
(1981) Sogni d'oro
(1978) Ecce Bombo
(1976) Io sono un autarchico
(1974) Come parli, frate?
(1973) Paté de bourgeois
(1973) La sconfitta

ATTORE:

(2010) Habemus Papam - Psichiatra
(2008) Caos calmo - Pietro Paladini
(2007) Chacun son cinéma
(2003) Il Grido D'Angoscia Dell'Uccello Predatore - Tagli D'Aprile
(2000) La stanza del figlio - Giovanni
(1998) Aprile - Nanni
(1996) Tre vite e una sola morte - Non accreditato
(1996) Giorno della prima di Close-Up - Moretti, Nanni
(1996) La Seconda volta - Alberto Sajevo
(1994) Caro diario - Se stesso
(1991) Il Portaborse - Cesare Botero
(1990) Nanni Moretti - Se stesso
(1989) Palombella rossa - Michele Apicella
(1988) Domani accadrà - Matteo il carbonaio
(1985) La Messa è finita - Don Giulio
(1983) Bianca - Michele Apicella
(1981) Sogni d'oro - Michele Apicella
(1978) Ecce Bombo - Michele
(1977) Padre padrone
(1976) Io sono un autarchico - Michele
(1974) Come parli, frate? - Don Rodrigo
(1973) Paté de bourgeois - Ragazzo nella camera
(1973) La sconfitta - Luciano


PRODUTTORE:

(2004) Te lo leggo negli occhi
(2002) The last customer - L'ultimo cliente
(2000) La stanza del figlio
(1998) Aprile
(1996) La seconda volta
(1994) Caro diario
(1991) Il portaborse
(1989) La Cosa
(1989) Palombella rossa
(1988) Domani accadrà
(1987) Notte Italiana
(1976) Io sono un autarchico
(1974) Come parli, frate?
(1973) Paté de bourgeois
(1973) La sconfitta

SCENEGGIATORE:

(2002) The last customer - L'ultimo cliente
(2000) La stanza del figlio
(1998) Aprile
(1994) Caro diario
(1989) Palombella rossa
(1985) La messa è finita
(1983) Bianca
(1987) Sogni d'oro
(1987) Ecce Bombo
(1976) Io sono un autarchico
(1974) Come parli, frate?
(1973) Paté de bourgeois
(1973) La sconfitta

sabato 28 giugno 2014

CULT MOVIE: Lezioni di piano



Titolo: Lezioni di piano
Titolo originale: The Piano
Nuova Zelanda, 1993
Cast: Holly Hunter, Harvey Keitel, Sam Neil, Anna Paquin
Sceneggiatura: Jane Campion
Regia: Jane Campion
Durata: 120’

Ada (Holly Hunter) sbarca in Nuova Zelanda con la figlia Flora (Anna Paquin) e porta con sé il suo amato pianoforte per sposare Alaistar Stewart (Sam Neil), un uomo che nemmeno conosce. Alaistar non comprende le esigenze di Ada e non le permette di portare lo strumento nella nuova dimora, lasciandolo abbandonato sulla spiaggia. Banes  (Harvey Keitel) un uomo analfabeta, decide di prenderlo e chiede lezioni di piano ad Ada, chiedendole di suonare per lei.
Ada  si trova in un ambiente nuovo, a lei totalmente sconosciuto. Come l’uomo che sta per sposare. Immersa nello splendore della Nuova Zelanda del 1800, vive in un microcosmo fatto di foreste immense baciate costantemente dalla pioggia, dal mare e dalla spiaggia, dove alberga il suo amatissimo piano. Ama incondizionatamente questo strumento così imponente. Lo immagina abbandonato, chiuso in una cassa, con i tasti da toccare, da accarezzare, capaci di offrire la serenità che solo l’armonia della musica le può regalare.
Ada non parla dall’età di 6 anni e gli unici mezzi di comunicazione che conosce è il linguaggio dei segni, con la quale ha costruito un rapporto speciale con la figlia Flora, e le melodie che suona con il suo pianoforte.
Non può (o non vuole) esprimersi a parole, e si sente libera di parlare con il mondo lo fa attraverso la musica. Ma Alaistar non capisce il legame che lei ha con il piano, e decide di lasciarlo in balia del mare Neozelandese.
Lo capisce invece Banes, uomo (apparentante) rozzo  e illetterato che ha abbracciato la cultura Maori:  sentendola suonare, vede la serenità e il suo speciale modo di comunicare, e le chiede lezioni a condizione che suoni per lui. E lui in cambio le insegna ad amare, amore di cui è totalmente incapace suo marito.
Sorella di madame Bovary, Anna Karenina, Teresa Raquin e di tante altre eroine della letteratura ottocentesca, Ada è vittima delle convenzioni, legata da un matrimonio privo di valore con un uomo che non prova a instaurare un rapporto affettivo ed emotivo, e non si sforza neanche di capirla.
La capisce invece Banes (Harvey Keithel), uomo che non sa leggere e scrivere, ma che è capace di leggere nell’anima di Ada. L’attrazione che prova per questa donna minuta e silenziosa è tale da creare un sottile gioco di seduzione, e per conquistarla utilizza il pianoforte, dove ogni tasto dello strumento è un tassello dell’anima di Ada che lentamente dona al rude inglese.
Un bacio sul collo, un  buco in una calza, la sottana leggermente alzata: ogni lezione si trasforma in una remora in meno per Ada, che impara a lasciarsi trasportare dalla passione mai provata prima.
Banes non ha l’aspetto di un gentiluomo, ma lo è nel possedere pian piano Ada, che si libera delle sue paure per concedersi completamente e scoprire che c’è un sentimento, una carezza, una passione che non riesce a esprimere con suo marito, ricevendo da questo uomo un po’ rude un amore sincero e delicato, in netto contrasto con gli istinti repressi del marito, che non riesce ad abbattere il muro di ostilità innalzato da lei, e non riesce ad amarla realmente.
Alaistar ha l’aspetto del gentiluomo ma conosce solo il modo di possederla come se fosse un oggetto, chiudendola in casa, trascinandola per la foresta, ma lei indomita si rifiuta di donarle il suo cuore, perché appartiene a Banes. E per comunicargli il suo amore, Ada usa a sua volta il pianoforte, tratto d’unione di due anime destinate a congiungersi.
E come un’eroina letteraria che si rispetti, Ada viene punita e privata di ciò che ha di più importante; e a sua volta decide di punirsi, perché ha scoperto l’amore e la passione, elementi a lei finora sconosciuti.
Ma Jane Campion le regala una seconda chance, facendo di Ada una donna che lotta per affermare la volontà di essere e di amare. E anche se non può urlare, Ada esprime la sua rabbia e il suo rifiuto solo con uno sguardo, lottando per diventare l’artefice del suo destino.
Lezioni di piano ha la bellezza di un quadro preraffaellita, dove Jane Campion esprime tutto il suo amore per la sua terra, la Nuova Zelanda, così rude all’esterno, ma così carica di bellezza interiore, incarnato da Banes. Una terra ricca di tradizioni e fiera delle sue radici e del suo popolo che lotta contro il colonialismo inglese, incarnato invece dall’ottuso marito di Ada.
Campion dipinge la sua amata terra con i toni freddi del blu e i toni caldi del marrone, come se fosse una vecchia fotografia scattata cento anni prima. E scalda le piovose ambientazioni con la splendida musica di Michael Nyman, la cui colonna sonora immerge il film e lo spettatore in questo mondo a parte, di cui fanno parte solo Ada, Banes e il pianoforte.
La regista affida a Holly Hunter il compito di rappresentare Ada, riuscendo a comunicare solo con lo sguardo, offrendo una magnifica recitazione giustamente premiata con l’Oscar, così come è una rivelazione la piccola (oggi trentenne) Anna Paquin nel ruolo di Flora, che offre una recitazione fresca e innocente. Sam Neil riesce a rappresentare un uomo represso e trattenuto, mentre Harvey Keitel, con quel corpo massiccio e muscoloso, riesce a esprimere la delicatezza dell’amore di Banes, diventando un romantico amante di altri tempi.
Lezioni di piano è il ritratto di una donna moderna, come lo saranno tutte le eroine cinematografiche di Jane Campion: testarde, indomite e volitive, che sanno cosa vogliono, incuranti delle convenzioni di una società troppo piccola e stretta per loro.


Voto: 9

venerdì 27 giugno 2014

Goodbye - Addio a Eli Wallach



Il mitico Tuco ci ha lasciati. Eli Wallach è venuto a mancare mercoledì all'età di 98 anni. Celebre per aver interpretato il "brutto" ne Il buono, il brutto e il cattivo", iniziò la carriera a Broadway e debuttò al cinema nel 1956 in Baby Doll. Frutto del "metodo", si era formato all'Actor's Studio di Lee Strasberg, con l'intenzione di concentrarsi sul teatro. 
Il cinema per lui rappresentò un mezzo per potersi concentrare sulle piéce teatrali, ma riuscì a creare una carriera di caratterista con ruoli memorabili, in primis Tuco, e poi in altri ruoli da villain come ne Il magnifici sette, Viva la muerte... Tua!
L'ultimo ruolo fu in Wall Street  -Il denaro non dorme mai.

mercoledì 25 giugno 2014

SIDNEY LUMET DAY: Onora il padre e la madre

La Cineblogger oggi festeggia un signor regista, che oggi avrebbe compiuto 90 anni: Sidney Lumet. Lumet ha diretto perle come La parola ai giurati, Quel pomeriggio di un giorno da cani e Quinto potere.
Director’s cult sceglie il suo ultimo film, Onora il padre la madre, la sua ultima chicca cinematografica.


Buon Sidney Lumet Day!!!






Titolo: Onora il padre e la madre
Titolo originale: Before The Devil Knows You're Dead
USA, 2007
Cast: Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke, Albert Finney.
Sceneggiatura: Kelly Masterson.
Regia: Sidney Lumet.
Durata: 110'


Hank (Ethan Hawk) e Andy (Philip Semymour Hoffman) sono due fratelli in difficoltà economica e decidono di rapinare la gioielleria dei genitori pensando che sia un colpo facile. Finirà in tragedia, portando i fratelli in una spirale autodistruttiva.
Quando il male si nasconde nel nucleo familare.
Il male si insinua in modo subdolo, distruggendone ogni singola cellula lentamente e letalmente. E’ questa la parabola di Onora il padre e la madre (titolo quasi fuorviante di When The Devil Knows You’re Dead), ultima regia del grande Sidney Lumet,
Sidney Lumet utilizza l’escamotage della rapina finita male per concentrarsi sulla dissoluzione della famiglia Hanson, composta dal padre Charles, la madre Nanette e i figli Andy, … e Hank.
Come Edmud, il figlio bastardo del duca di Gloucester ne Il re Lear, che sognava di ereditare il regno, Andy aspirava a mettere le mani sul suo, ovvero la gioielleria di famiglia, cercando di assomigliare al padre.
 Andy però  si ritrova rifiutato,  amato e odiato allo stesso tempo dal padre, che ha un debole per Hank, che ricorda da lontano il fratellastro buono di Edmund, Edgar.
E se Edmund tramava ai danni del fratello, il mefistofelico Andy  trama ai danni del padre e coinvolge il fratello per  attuare il colpo perfetto, in modo da  poter vivere una nuova vita con la vanesia Gina, novella Gonerilla vanesia e superficiale.
E per ottenere ciò che vuole, colpisce  i suoi stessi genitori, che l’hanno cresciuto e amato, anche se il padre non ha mai dimostrato un forte attaccamento, preferendogli  il “cucciolo più bello”, ovvero Hank.
E come il duca di Gloucester che privato della vista in quanto accecato, anche Charles non può vedere l’odio e il risentimento che Andy nutre,  un odio e un risentimento latente che esplode in una parabola infernale che trascinerà con sé la sua famiglia.
Lumet costruisce  questa cronaca di una tragedia annunciata con una serie di flashback,  memore dello stile registico degli anni Settanta che hanno reso celebri le sue pellicole come Quel pomeriggio di un giorno da cani, mostrandoci il prima, durante e dopo della rapina.
Come i pezzi di un puzzle, prende i suoi personaggi e li aggiunge poco alla volta, mostrando la storia da vari punti di vista, usandole allo stesso tempo come delle marionette, tirandone i fili a suo piacimentio.
Andy. Andy convince il fratello Hank, sulla quale nutre un forte ascendente di fare un colpo semplice semplice, che frutterà a loro una bella cifra per poter vivere la vita dei propri sogni.
Hank. Hank ama sua figlia, ma è pieno di debiti ed è in perenne arretrato con gli alimenti. E’ un debole e si lascia convincere a compiere la rapina. Ma essendo un codardo, non ne ha il coraggio e vilmente coinvolge un delinquente di mezza tacca, facendo scatenare la tragedia.
Nanette. Nanette è l’agnello sacrificale, la vittima  necessaria per far emergere il germe del male insito nella famiglia Hanson.
Nanette e Charles. I genitori di Andy e Hank sono vecchio stampo, si amano ancora dopo 50 anni e hanno un legame forte che manca sia ad Andy, che non riesce ad avere una soddisfacente vita coniugale con Gina, e manca anche a Hank, che è divorziato, ma soddisfa le esigenze di Gina.
La morte di Nanette scatena la disperazione dei protagonisti, che scendono lentamente in un abisso di distruzione fuori controllo.
La disperazione si impossessa di Charles, che cerca giustizia per la morte della moglie e trova invece un muro di indifferenza da parte della polizia, che dovrebbe tutelare il benessere del cittadino, ma non ne ha il tempo per farlo adeguatamente. E farà giustizia a modo suo, accecato dall’odio.
La discesa negli inferi si impossessa di Andy, che perde il controllo della situazione da lui stesso creato, e trova rifugio nell’eroina, portandolo in una spirale di autodistruzione.
Hank perde la testa e si affida ad Andy che lo porta con sé nel buco nero che ha creato lui stesso.
E come in Rapacità di Erich Von Stroheim, il dio Denaro trasforma gli esseri umani in esseri vili, che schiaccia tutto e non guarda in faccia nessuno, nemmeno la tua famiglia.
Onora il padre e la madre è un’amara apologia sulla dissoluzione della famiglia americana, dove il denaro, l’avidità e la vendetta schiaccia e distrugge ogni certezza.
Lumet dirige un grande cast, con il compianto Philip Seymour Hoffman e un Ethan Hawk in gran forma, ma la parte del leone spetta ad Albert Finney, che riesce a creare una strepitosa maschera di dolore con il personaggio di Charles.

Onora il padre e la madre segna l’addio al cinema del maestro Sidney Lumet, che a distanza di anni riusciva ancora a dirigere grandi film con consumato mestiere.

Voto: 7,5

Hanno collaborato:

sabato 21 giugno 2014

FILMOGRAFIA: Angelina Jolie


NOME: Angelina Jolie
ALL'ANAGRAFE: Angelina Jolie Voight
DATA DI NASCITA: 04/06/1975
LUOGO DI NASCITA: Los Angeles, California, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attrice


ATTRICE:

(2014) Maleficent - Strega Malefica
(2013) Salt 2 - Evelyn Salt
(2011) Kung Fu Panda 2 - Tigress (voce)
(2010) The Tourist - Elise
(2010) Salt - Evelyn Salt
(2008) Changeling - Christine Collins
(2008) Kung Fu Panda - Master Tigress (voce)
(2008) Wanted - Scegli il tuo destino - Fox
(2007) Un cuore grande - Mariane Pearl
(2007) La leggenda di Beowulf - La madre di Grendel (voce)
(2006) The good shepherd - L'ombra del potere - Mrs. Wilson
(2005) Mr. & Mrs. Smith - Jane Smith
(2004) Shark tale - Lola (voce)
(2004) Alexander - Olympia
(2004) The fever - Rivoluzionaria
(2004) Sky Captain and the world of tomorrow - Capitano Franky Cook
(2004) Identità violate - Illeana
(2003) Amore senza confini - Beyond borders - Sarah Jordan
(2003) Tomb Raider 2 - Lara Croft
(2002) Una vita quasi perfetta - Lanie
(2001) Original sin - Julia Russel
(2001) Tomb Raider - Lara Croft
(2000) Fuori in 60 secondi - Sara Wayland
(1999) Ragazze interrotte - Lisa
(1999) Il Collezionista di Ossa - Amelia Donaghy
(1999) Pushing Tin - Mary Bell
(1998) Scherzi del cuore - Joan
(1998) Hell's Kitchen - Gloria McNeary
(1998) Gia (Film Tv) - Gia Carangi
(1997) Playing Hero - Claire
(1997) George Wallace (Film Tv) - Cornelia Wallace
(1996) Love Is All There Is - Gina Malacici
(1996) Foxfire - Margaret "Legs" Sadovsky
(1996) Mojave Moon - Ellie
(1995) Hackers - Kate Libby
(1995) Without Evidence
(1993) Cyborg 2: Glass Shadow - Cashy
(1982) Cercando di Uscire - Tosh

REGISTA:

(2011) In the Land of Blood and Honey
(2007) A Place in Time (Documentario)

PRODUTTORE:

(2005) Lovesick

mercoledì 18 giugno 2014

RECENSIONE: American Life




* Il fascino indiscreto di una recensione retrò*

Titolo: American Life
Titolo originale: Away We Go
USA, 2009
Cast: John Krasinski, Maya Rudolph, Allison Janney, Maggie Gyllenhaal, Cathernie O'Hara, Jeff Daniels.
Sceneggiatura: Dave Eggers, Vendela Vida.
Regia: Sam Mendes.
Durata: 97'


Burt (John Krasinski) e Verona (Maya Rudolph) sono una coppia che aspettano il primo bambino, una femmina. A pochi mesi dalla nascita della bimba, Burt e Verona scoprono che i genitori di lui (Jeff Daniels e Catherine O'Hara) si trasferiranno in Belgio per due anni, incuranti di essere gli unici nonni e di fornire loro un possibile aiuto.
Dopo aver riflettuto sulla loro vita e sulla loro situazione di precarietà, decidono di percorrere l’America per trovare il posto migliore per far crescere la loro creatura.
Phoenix, Tucson, Montreal, Miami sono alcune delle mete prefissate: per Burt e Verona sarà l’occasione per riflettere sulla condizione di essere genitori, si confronteranno con altre coppie, volgendo uno sguardo verso il futuro ancora da costruire in funzione della felicità per la loro piccola.
Sam Mendes decide di “rimanere nell’ombra” con un piccolo film indipendente dal sapore on the road anni Settanta.
L’inglese che osò massacrare la famiglia modello made in USA con American Beauty nel 1999 (ma il suo operato fu molto apprezzato con una pioggia di Oscar) e con Revolutionary Road, torna con questo piccolo gioiellino e decide per una volta di essere più ottimista nei confronti degli Yankees.
E lo fa con una coppia non borghese (evidentemente per il cineasta il “seme del male” risiede proprio nella borghesia in sé), ma bohémien e un po’ svagata: lui lavora il legno perché vuole essere un perfetto falegname per la figlia, lei si occupa di disegni di anatomia e soprattutto non sono sposati.
A differenza di Frank e April Wheleer di Revolutionary Road, Burt e Verona hanno un rapporto equilibrato e tranquillo, anche se a modo loro. Che il matrimonio sia veramente la tomba dell’amore? Verona ama Burt, ma lei non ha nessuna intenzione di sposarsi, nonostante i suoi genitori abbiano vissuto una vita serena e priva di crisi. Così la “coppia di fatto” con figlia in arrivo rappresenta il nucleo familiare ideale. Instabili nella vita, ma sicuri sui propri sentimenti. Che Sam Mendes si sia ammorbidito? Per niente e riversa tutto il suo cinismo contro gli “altri”, costringendo Burt e Verona ad assistere alla crisi della famiglia americana lungo gli States.
Mendes se la prende con i genitori di Burt, così egoisti da non volere neanche conoscere la nipotina in arrivo, contro l’ex collega di Verona (una spassosissima Allison Janney) madre terribile che non perde occasione di umiliare i figli, massacra la new age e i metodi educativi alternativi rappresentando una mistica cugina di Burt (Maggie Gyllenhaal sempre brava anche in piccoli ruoli), con la fobia dei passeggini e il vizio di allattare al seno i figli degli altri.
Non è neanche tanto tenero nei confronti degli amici canadesi di Verona, coppia apparentemente normale, intellettuale e radical chic, ma che nascondono una profonda crisi perché non riescono a procreare, e sopperiscono a tale problematica adottando bambini provenienti da tutto il mondo peggio di Angelina Jolie.
Così come scoprono che l’amore non è eterno quando il fratello di Burt viene abbandonato dalla moglie nell’assolata Miami. Mendes comunque offre una speranza e tale opportunità è rappresentata proprio da Burt e Verona, così diversi nello stile di vita, tanto da mollare le poche certezze e partire per una vita migliore.
Burt cerca di conformarsi alla società facendo colloqui di lavoro, ma in lui vi è sempre il germe del malessere al conformismo. Alla fine un tocco di tradizionalità colpirà anche loro, ma saranno sempre dei ribelli nell’anima.
American Life è una gemma preziosa, con dialoghi e situazioni divertenti, un film indipendente come non si vedeva da anni, il tutto impreziosito dal mestiere di Sam Mendes, così attento alla fotografia, alla musica con una splendida colonna sonora curata principalmente da Alexi Murdoch, che accompagna i futuri genitori alla ricerca della felicità.
Ottimi gli interpreti John Krasinski e Maya Rudolph, forse un po’ sconosciuti al grande pubblico ma perfetti per il ruolo, ben diretti dal regista, da sempre un ottimo direttore degli interpreti. American Life è uno spaccato dell’America del Ventunesimo secolo, leggermente amaro, ma reso più dolce da un cucchiaio di zucchero.

Voto: 8

A.M.

martedì 17 giugno 2014

NEWS: Tom Hardy si sdoppia per Legend


Thomas Hardy vestirà i doppi panni dei gemelli Kray, temibili criminali della Londra anni Sessanta. Hardy infatti sarà protagonista del film Legend, diretto da Brian Hegeland, lo sceneggiatore di L.A. Confidential.
Hardy si dimostra per l'ennesima volta un attore versatile, capace di passare dai ruoli di villain come Bane di Batman, a commedie di azione come This Mean Wars, fino al one man show di Locke; cambiando il suo fisico seguendo un metodo stile Robert De Niro e Christian Bale. 
In questo nuovo film darà una doppia prova di bravura, come ormai da anni ci ha abituato.

sabato 14 giugno 2014

FILMOGRAFIA: Emilia Fox





NOME:
Emilia Fox
ALL'ANAGRAFE: Emilia Fox
DATA DI NASCITA: 31/07/1974
LUOGO DI NASCITA: Londra, Gran Bretagna
PROFESSIONE: Attrice





ATTORE:

(2013) Not Ever - Emily
(2012) Suspension of Disbelief - Therese/Angelique
(2009) Dorian Gray - Lady Victoria Wotton
(2006) Cashback - Sharon
(2006) Keeping Mum - Rosie Jones
(2004) Cabbages & Queens - Poppy Babcock
(2004) Elizabeth Rex -
(2003) The Republic of Love - Faye
(2003) Helen of Troy (serie tv) - Cassandra, Principessa di Troia
(2003) Prendimi l'anima - Sabina Spielrein
(2002) Three Blind Mice - Claire Bligh
(2002) Il pianista - Dorota
(2000) Randall & Hopkirk (Deceased) (serie tv) - Jeannie
(1999) Bad Blood (film tv) - Jackie Shipton
(1999) The Rap Trap - Pippa
(1999) David Copperfield (film tv) - Clara Copperfield
(1999) The Scarlet Pimpernel (serie tv) - Minette
(1999) Shooting the Past (film tv) - Spig
(1998) Blink (film tv) - Nicki
(1998) The Round Tower (film tv) - Vanessa Ratcliffe
(1997) The Temptation of Franz Schubert - Karoline von Esterhazy
(1997) Bright Hair (film tv) - Ann Devenish
(1997) Rebecca (film tv) - xxx
(1995) Pride and Prejudice (serie tv) - Georgiana Darcy

venerdì 13 giugno 2014

COMING SOON: I due volti gennaio


I due volti di gennaio è l'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Patricia Highsmith, e segna il debutto dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Hossein Amini, e ha per protagonisti un trio niente male: Viggo Mortensen, Kristen Dunst e Oscar Isaac.
Ambientato in Grecia nel 1962, la coppia formata da Colette (Dunst) e Chester (Mortensen) MacFarland durante un tour all'Acropoli incontrano l'ambiguo Rydal (Isaac), una guida che ha l'abitudine di truffare i malcapitati turisti. Chester invita a cena Rydal, ma con uno scopo ben preciso: spostare un corpo privo di coscienza. Rydal accetta di aiutarlo, ma entrerà in un intrigo e finirà per infatuarsi di Colette, un sentimento che rischia di scatenare l'ira di Chester...
I due volti di gennaio è un trhiller elegante come solo la Highsmith riusciva a scrivere e Hossein sfrutta le bellissime location greche per un noir elegante e appassionante.

martedì 10 giugno 2014

CULT MOVIE: Cappello a cilindro




Titolo: Cappello a cilindro
Titolo originale: Top Hat
USA, 1935
Cast: Fred Astaire, Ginger Rogers, Tom Everett Horton
Sceneggiatura: Allan Scott, Dwight Taylor
Regia: Max Shandrich
Durata: 97’

Jerry Travers (Fred Astarire) trova  a Londra la sua anima gemella in Dale Travert (Ginger Rogers), ma per un equivoco lei pensa che sia sposato con la sua migliore amica (moglie dell’impresario di Jerry) e rifiuta seccamente il suo corteggiamento. Ma Jerry non demorde e arriverà fino a Venezia per conquistarla.
Come è possibile che Cappello a cilindro sia ancora oggi, a distanza di 79 anni uno dei migliori musical della storia del cinema?
E’ possibile perché Cappello a cilindro è un gioiellino di pura perfezione, una perfezione, dove ogni meccanismo è ben oliato ed è preciso al millimetro.
E’ una pellicola innovativa nel suo genere, perché sposa i canoni della commedia tipica della Golden Age hollywoodiana con i numeri del musical e del vaudeville, facendoli diventare parte integrante della trama e non numeri musicali a sé.
E i suoi magnifici numeri musicali ancora oggi sono famosi. Chi non ha mai canticchiato “Haven, I’m in haven…” almeno una volta?
E’ una commedia dal sapore slapstick e sofisticato allo stesso tempo, che ancora è in grado di far ridere con le gag e le fulminanti battute, capace di appassionare lo spettatore di oggi sempre più esigente, ma che è nostalgico dei grandi classici del passato.
La storia d’amore tra Jerry e Dale nasce con dei passi di tip tap, e finisce con un cheek to cheek leggiadro tra mille giravolte, con  tempi musicali che non sono solo dei numeri di danza, ma sono i momenti in cui nostri protagonisti pian piano si conoscono, per poi far esplodere la scintilla tra una piroetta e passo di danza. Ed è la danza che tradisce Dale, dove lascia da parte il suo disappunto e si lascia trasportare dalla leggiadria di Jerry, che le dichiara i suoi sentimenti tenendola tra le sue braccia per qualche istante.
I protagonisti sono destinati a stare insieme, ma una girandola di equivoci li separano e ingarbugliano la loro possibile liasòn, e sono proprio i numeri musicali che hanno una funzione da cupido, scoccando la freccia nel cuore della bella ritrosa, che fa di tutto per respingerlo, nonostante l’attrazione sia evidente.
Lei lo respinge perché pensa che sia sposato, ma lo scambia per il suo impresario (John Everett Horton), sposato con la sua migliore amica Madge (Helen Broderick). Madge vuole far conoscere Jerry a Dale, ma non sa che Dale ha conosciuto Jerry a Londra. E così via, tra un tenore italiano (Erik Rodhes) che chiede la mano di Dale, e un maggiordomo tuttofare che sarà utile al  momento opportuno, il bandolo della matassa si scioglierà e Jerry e Dale potranno danzare sulle note dell’amore.
La grazia e la leggiadria di Fred Astaire si fonde con la bellezza e l’eleganza di Ginger Rogers, e i loro numeri di danza sono splendidi, e a distanza di così tanti anni sanno ancora regalare emozioni grazie alla loro perfetta alchimia e alla loro perfezione nell’eseguire questi meravigliosi numeri di danza.
Ginger Rogers si lascia trasportare dalla sicurezza di Fred Astaire, uomo dai canoni estetici non perfetti come Cary Grant, ma dotato di un fascino che sa sprigionare con i suoi passi di danza. E il pubblico a sua volta si lascia trascinare e ipnotizzare da questa perfezione, lasciandolo stranito e sognante per tutta la durata del film
Se la storia di per sé è semplice, Max Shandrich riesce con sapiente mestriere a renderla più ricca e appetitosa,  prendendo in prestito le gag squisitamente slapstick con dei tempi comici perfetti, e ogni personaggio è importante per mantenere intatto questo meccanismo preciso, degno di un orologio svizzero. Come l’esilarante maggiordomo, con i suoi travestimenti, è magistralmente interpretato da Eric Blore, è l’antesignano di altri strepitosi maggiordomi come Coleman di Una poltrona per due e il fido Hobson di Arturo.
Poi troviamo Beddini, lo stereotipo del tenore italiano che cerca di conquistare il cuore della bella Dale, cercando di salvarle l’onore sfidando il povero impresario (Edward Heverett Horton) di Jerry a colpi di stoccate.
E galeotta fu una Venezia di cartapesta (ma d’altronde si può perdonare tutto a una meraviglia del genere) dove i due innamorati (anche se lei è ancora reticente), complice la sbadataggine del maggiordomo in veste di gondoliere, vagano sulla gondola consolidando il loro legame.
E in una delle città più romantiche del mondo, si scioglie il bandolo della matassa: Jerry  e Dale possono finalmente ballare insieme, facendo trionfare l’amore.
Cappello a cilindro è un musical delizioso che non è stato scalfito dal passare degli anni e ancora oggi emoziona, trasportando lo spettatore in una dimensione sognante, dove per un istante si pensa di essere in Paradiso.


Voto: 10

domenica 8 giugno 2014

RECENSIONE: Last Night



*Il fascino indiscreto di una recensione retrò*
Titolo: Last Night
USA, 2010
Cast: Keira Nightley, Sam Worthington, Eva Mendes, Guillaume Canet, Griffin Dunne.
Sceneggiatura: Massy Tajedin.
Produzione: Gaumont.
Regia: Massy Tajedin.
Durata: 90'

Michael (Sam Wortington) e Joanna Reed (Keira Knightley) sono insieme dai tempi del college e ora sono sposati da quattro anni. Architetto lui e scrittrice lei, sono una coppia affiatata, ma le insicurezze e le fragilità della coppia emergono durante una festa: Joanna vede Michael insieme a Laura (Eva Mendes) affascinante collega del marito e ne resta turbata dall’intesa che hanno. 
 Michael deve andare a Philadelphia insieme a Laura, e durante la sua assenza Joanna incontra casualmente Alex (Guillame Canet) romanziere francese ex fidanzato di Joanna. 
In una notte Michael e Joanna metteranno a dura prova il loro legame.
Last Night segna il debutto di Massy Tadjein, regista di origini iraniane ma californiana di adozione. 
La regista inscena un dramma da camera per discutere della precarietà dei sentimenti e sulle tentazioni che sfociano nel tradimento e degli scherzi del destino che posso cambiare per sempre la loro esistenza. 
Esiste l’anima gemella? In tempi frenetici come questi l’amore riesce a sopravvivere alla lontananza? Il tradimento fisico o solo pensato hanno la stessa valenza? Questi dilemmi si svolgono in un walzer dei sentimenti e tentazioni, creando una girandola di sguardi, gesti, silenzi, elementi che vengono dipanati nel corso della vicenda, tra crisi e sensi di colpa e moti di gelosia. Con l’escamotage della lontananza forzata a causa del lavoro di lui, scattano questi meccanismi. 
“Dividendo” i due sposini, Tajedin mostra due differenti modi di affrontare la trasgressione, il punto di vista di un uomo e una donna. È come se li mettesse alla prova, una sorta di esperimento dei sentimenti per capire chi dei due cede (o non cede) per primo. Michael è attratto dalla sicurezza di Laura, donna disinvolta e sensuale, che ammette candidamente di provare qualcosa per lui, anche se non dimenticherà mai l’amore della sua vita. Michael alla fine cede e passa con lei una notte di passione, ma è un tradimento fisico, il giorno dopo capisce di aver fatto un errore. 
Michael tradisce ma senza provare amore, puo’ ritornare da Joanna come se non fosse successo niente? Rimpianto e un amore mai sopito invece è ciò che prova Alex, pentitosi di aver lasciato Joanna e tenta disperatamente di conquistarla. Joanna si sente lusingata per quel corteggiamento serrato, ha nascosto la sua vecchia relazione con Alex e si lascia andare con la testa e il cuore, ma non con il corpo, si ferma in tempo: è rea ugualmente di aver tradito il marito?Chi dei due è completamente colpevole? Il finale si chiude con il primo piano di Joanna, il volto rigato da una lacrima. 
Non si sa se confesseranno, se si lasceranno tutto alle spalle, se il loro legame si è rinsaldato o se finiranno per divorziare. Massy Tadejin preferisce che il pubblico esprima il verdetto sulla coppia, lasciando il destino dei due protagoni in sospeso. Keira Knightley è elegante e affascinate, in contrapposizione con Eva Mendes, sensuale e sicura di sé, lontana dallo stereotipo della mangia uomini priva di scrupoli. 
Sam Worthington è in un ruolo inusale e a tratti è spaesato, forse si trova a più agio in un action movie, ma comunque pregevole la volontà di variare genere. Gulliaume Canet è più a suo agio sfruttando il fascino europeo, senza cadere nel cliché dell'artista bohemièn. Last Night a tratti accusa lentezza, tratti teatrale e un eccesso di verbosità, e anche se non si puo’ considerare l’erede di Eyes Wide Shut è un elegante film sulle insicurezze del matrimonio, una riflessione intellettuale sull’amore.

venerdì 6 giugno 2014

IL CIRCOLO DI CUCITO: Se qualcuno ti chiama, Kevin Spacey risponderà per te


Kevin Spacey da anni si divide tra Hollywood (la sua ultima fatica è House of Cards) e la direzione del teatro londinese The Old Vic. Al momento la star di American Beauty è a Londra con la performance Clarence Darrow, americano ed eroe dei diritti civili dell'America di inizio Novecento. 
Una sera, durante uno dei monologhi chiave del suo one man show, uno spettatore ha dimenticato di spegnere il cellulare. E il cellulare ha cominciato a suonare. Spacey ha cercato di far finta di niente, e ha continuato a recitare. Ma alla fine ha sbottato e ha urlato "se non rispondi a quella chiamata, lo farò io!" Il pubblico ha applaudito la sua improvvisazione, e Spacey ha continuato il suo monologo, ricevendo una standing ovation a fine spettacolo. 

lunedì 2 giugno 2014

FILMOGRAFIA: Shirley Temple






NOME: Shirley Temple
DATA DI NASCITA: 23/04/1928 
DATA DI MORTE: 10/02/2014
LUOGO DI NASCITA: Santa Monica, California, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attrice



ATTRICE:
(1963) The Red Skelton Show (Episodio Tv: "Love Is a Many-Splintered Thing") - Debutante
(1958-1961) Shirley Temple's Storybook (Serie Tv) -
(1949) Un bacio per Corliss - Corliss Archer
(1949) The Story of Seabiscuit - Margaret O'Hara
(1949) Diana vuole la libertà - Dinah Sheldon
(1949) Il sig. Belvedere va in collegio - Ellen Baker
(1948) Il massacro di Fort Apache - Philadelphia Thursday
(1947) Età inquieta - Mary Hagen
(1947) Vento di primavera - Susan
(1947) Serenata messicana - Barbara Olmstead
(1945) Non parlare baciami! - Corliss Archer
(1944) Al tuo ritorno - Barbara Marshall
(1944) Da quando te ne andasti - Bridget 'Brig' Hilton
(1942) Miss Annie Rooney - Annie Rooney
(1941) Kathleen - Kathleen Davis
(1940) Non siamo più bambini - Wendy
(1940) Alla ricerca della felicità - Mytyl
(1939) Susanna e le giubbe rosse - Susannah Sheldon
(1939) La piccola principessa - Sara Crewe
(1938) Dietro l'angolo - Penny
(1938) Little Miss Broadway - Betsy Brown
(1938) Rondine senza nido - Rebecca Winstead
(1937) Zoccoletti olandesi - Heidi
(1937) Alì Babà va in città - Shirley Temple - at Fictional Premiere
(1937) Alle frontiere dell'India - Priscilla Williams
(1936) Cin cin - Ching-Ching
(1936) La reginetta dei monelli - Dimples Appleby
(1936) Una povera bimba milionaria - Barbara Barry
(1936) Capitan Gennaio - Stella
(1935) La piccola ribelle - Virgie Cary
(1935) Riccioli d'oro - Elizabeth Blair
(1935) Un angolo di paradiso - Molly Middleton
(1935) Il piccolo colonnello - Lloyd Sherman
(1934) La mascotte dell'aeroporto - Shirley Blake
(1934) Rivelazione - Penelope 'Penny' Day
(1934) Piccola stella - Shirley
(1934) Now I'll Tell - Mary Doran
(1934) Little Miss Marker - Marthy 'Marky' Jane
(1934) Primo amore - Shirley
(1934) Il trionfo della vita - Shirley Dugan
(1934) Managed Money - Mary Lou Rogers
(1934) As the Earth Turns - Bambina
(1934) Tanya - Betty Shaw
(1934) Joanna - Joan Connelly
(1934) Pardon My Pups (Corto) - Mary Lou Rogers
(1933) New Deal Rhythm (Corto) - Ragazza alla quale non piacciono gli spinacci
(1933) What's to Do? (Corto) - Mary Lou Rogers
(1933) Merrily Yours (Corto) - Mary Lou Rogers
(1933) Kid 'in' Africa (Corto) - Madame Cradlebait
(1933) To the Last Man - Mary Stanley
(1933) Dora's Dunking Doughnuts (Corto) - Shirley
(1933) Polly Tix in Washington (Corto) - Polly Tix
(1933) The Kid's Last Fight (Corto) - Shirley
(1933) Out All Night - Child
(1933) Kid in Hollywood (Corto) - Morelegs Sweettrick
(1933) Glad Rags to Riches (Corto) - Nell/La Belle Diaperina
(1932) Kid's Last Stand - Girl
(1932) The Pie-Covered Wagon (Corto) - Shirley
(1932) Red Haired Alibi - Gloria Shelton
(1932) War Babies (Corto) - Charmaine
(1932) Runt Page (Corto) - Lulu Parsnips

domenica 1 giugno 2014

RECENSIONE: Ballroom - Gara di ballo


*Il fascino indiscreto di una recensione retrò*


Titolo: Ballroom - Gara di ballo
Titolo originale: Strictly Ballroom
Australia, 1992
Cast: Paul Mercurio, Tara Morice, Gia Carides.
Sceneggiatura: Craig PearceBaz Luhrmann,Andrew Bovell.
Regia: Baz Luhrmann.
Durata: 87'


La danza ha un potere misterioso. Il ritmo ti prende, il corpo si lascia andare, si muove, si scatena. La danza è anche seduzione, corteggiamento, romanticismo. 
E’ regola e disciplina. Ma è anche competizione, gare di ballo e premi da vincere. 
E questo è l’obiettivo di Scott (Paul Mercurio), giovane e talentuoso ballerino che sogna di vincere il Pacific Prince. Ma a modo suo.
Perché se il ballo da sala ha le sue regole severe,  Scott cerca di infrangerle con passi “proibiti”, che non vengono compresi da una giuria di vecchi bacchettoni che guardano più all’esecuzione impeccabile della tecnica che all’innovazione.
Questa sua voglia di sperimentare gli costa l’abbandono della sua partner (Gia Carades), e all’ostracizzazione della madre, che vede in lui i sogni di gloria che non è riuscita a coronare. Ma a sorpresa il suo modo di ballare viene capito dall’insignificante Fran (Tara Morice), così diversa dalle altre, un brutto anatroccolo che nasconde la sua acerba bellezza dietro un paio di occhiali e abiti dimessi.
Ballroom – Gara di ballo segna il debutto al cinema di Baz Luhrmann, dove fin dagli esordi gioca con i suoi virtuosismi che la faranno da padrone nei suoi film successivi, che avranno l’apice in Moulin Rouge! e persisteranno ne Il grande Gatsby.
Luhrmann dimostra fin dagli esordi un debole per il kitch, e dove trovare un terreno così fertile nei campionati di ballo da sala, con quei costumi scintillanti e luccicanti, con i capelli pieni di brillantini e brillantina e quel trucco che rasenta così palesemente gli anni Ottanta sotto acido?
Luhrmann  fa di più e crea un microcosmo il cui fulcro è una scuola di danza, mondo in cui è cresciuto Scott tra passi di rumba e tango.
Lurhmann prende i tipici ingredienti della commedia romantica musicale, Dirty Dancing in primis, plasmandoli e ribaltando i ruoli, a cominciare dai due protagonisti: se nella commedia culto di Emile Ardolino l’insegnante di salsa Johnny faceva parte di un ceto sociale poco abbiente che dava lezioni di salsa alla ricca e ingenua Baby; in Ballroom Scott è un affermato ballerino che proviene da una coppia di campioni di danza, mentre Fran è una ragazza di umili origini ispaniche.
Ma si sa, la danza ha un potere misterioso. E la danza avvicina due persone così diverse come Fran e Scott, le unisce in un sensuale paso doble, che rappresenta anche un’educazione sentimentale per questi due ragazzi che sfidano le convenzioni e le regole.
Regole incarnate dalla perfezione e dall’eleganza senza tempo di un valzer da sala. Vecchio stile e tradizioni che rimangono immobili nella giuria e nella scuola gestita dai genitori di Scott, che vedono nell’innovazione dei suoi passi una minaccia per vincere quell’agognato premio.
Innovazione rappresentata dai passi proibiti di Scott che mette nella rumba, con quelle piroette mai viste e quei movimenti sinuosi e sensuali che vanno oltre il senso del pudore.
Tango che dovrebbe unire e fondere due ballerini come se fossero due amanti, ma che divide e fa infuriare la sua compagna al punto di abbandonarlo per il rivale, anche se si rivelerà sul viale del tramonto, ma pur sempre ligio al sistema.
Rumba che avvicina Scott alla cultura di Fran, così diversa dalla sua, dove scopre un mondo vivo e autentico, diverso dal mondo plastificato e luccicante a cui appartiene, vitalità che riesce ad abbattere il muro di ostilità e diffidenza che aveva innalzato il padre di Fran contro di lui.
Paso doble che rappresenta la passione che sboccia lentamente in un amore timido e sincero tra Fran e Scott, un po’ come avveniva tra Johnny e Baby, il cui nome di battesimo era Frances.
Ogni lezione di danza che Scott ha con Fran è un piccolo manuale d’amore: si conoscono, si studiano, sono impacciati (o meglio, lei è impacciata), si toccano e si cercano con lo sguardo. E man mano che migliorano nel ballo, man mano aumenta l’intesa e il sentimento che provano. Anche se fanno di tutto per negare ciò che provano. Scott non lo vuole ammettere, Fran è troppo timida per dichiararsi. Ma riescono a comunicare grazie ai quei passi, a quelle giravolte, a quel rumore di tacchi che seguono il ritmo della musica, con lo scambio di sguardi che tradiscono l’attrazione reciproca.
Ma  come ogni melò (o soap opera, siamo pur sempre nei paraggi del kitch) che si rispetti, Lurhmann rincara la dose e pone degli ostacoli, tra intrighi, ricatti morali, sensi di colpa, colpi di scena fino ad arrivare al trionfo sotto la sfavillante luci dei riflettori, dove quel paso doble riuscirà a sfondare le barriere e le convenzioni e a emozionare la platea, ma anche lo spettatore che guarda il film.
Ballroom – Gara di ballo è una commedia musicale che è una delizia per gli amanti dei musical, ma che potrebbe anche divertire chi non è un patito del genere. Perché Baz Luhrmann si diverte a giocare con i suoi protagonisti, portandoli al grottesco, e a infrangere le regole, dove le canzoni e la musica sono parte integrante della storia, che servono a enfatizzare ogni momento che vivono i protagonisti.
E se il regista de Il grande Gatsby non ha ancora a disposizione il budget delle produzioni americane, riesce comunque a far intravedere il suo stile fatto di carrellate veloci e rallenty, giocando sapientemente con le luci che danno quel tocco di teatralità che è la vita stessa, un grande palcoscenico dove bisogna combattere per far affermare la libertà di essere e di vivere secondo le proprie regole, non da chi ce le impone.

Voto: 7+